Spider-Man: Homecoming - La Recensione

Spider-Man: Homecoming Holland
Da un grande potere derivano grandi responsabilità. Ma se hai quindici anni, forse, le cose stanno diversamente.
Il secondo (e speriamo ultimo) reboot di Spider-Man costringe Sony e Marvel a fare alleanza e ad affidarsi a un Peter Parker del tutto inedito, un adolescente contaminato dai tempi moderni, nerd quanto basta per guadagnarsi l'etichetta di sfigato a scuola e convinto di valere qualcosa solamente quando al servizio dell'anti-crimine e in tutina aderente. Un comportamento che proprio non va giù a un padre putativo d’eccezione come Tony Stark, il quale sotto sotto - anche per alimentare il suo ego - vorrebbe che il ragazzo la smettesse di giocare a fare l’eroe e che si concentrasse più sul vivere un’età così complessa e importante come l’adolescenza.

Batte una strada nuova e piuttosto stimolante dunque “Spider-Man: Homecoming”, che dietro le prodezze del bimbo ragno impegnato a volare tra i grattacieli di New York e la minaccia terroristica dettata dalla sete di vendetta dell’Avvoltoio di Michael Keaton, piazza lungo il suo percorso semi di un coming-of-age supereroistico, influenzato a tratti dalle atmosfere e le soluzioni di quel cinema anni ’80 targato John Hughes. Certo, quella diretta da Jon Watts è una pellicola con dei parametri da rispettare, con dei paletti di cui non è possibile fare a meno, per cui è normale se molto spesso ci si trovi costretti a spezzare la magia, gli interrogativi e lo spirito del romanzo di formazione puro per dare spazio alle incursioni spettacolari e ad alto tasso d'azione del cine-comic tradizionale: che in questo caso comprende anche una trama intenta a guardare agli Avengers sia per quanto riguarda il capo che la coda. Quello che conta però è che ciò non prenda mai il sopravvento, che l'equilibrio sia controllato e che non si perda mai confidenza con la leggerezza e l'umorismo che sta alla base sia del personaggio centrale sia di un genere che, ultimamente, tende ad appesantirsi al tal punto da risultare indigesto e frastornante.

Spider-Man: Homecoming WattsLa mano della Marvel si vede e si sente, insomma, e in maniera pesante, se vogliamo. La ricostruzione del franchise ad opera del suo team creativo infatti fa sparire definitivamente le tracce dell'operato di Sam Raimi (che per inciso consideriamo eccellente fino a "Spider-Man 3"), allontanando qualsiasi ombra o sospetto di ricalco - come accaduto nella fase "The Amazing" - e (ri)partendo da zero con la genesi senza il bisogno di star lì a ribadire fatti o concetti che ormai eran divenuti ovvi e ridondanti per chiunque. Parliamo di una scelta rischiosa, avallata più per motivi legati alle vecchie produzioni che per altro, ma che si dimostra, nella pratica, non solo plausibile, ma anche la mossa migliore per rilanciare Spider-Man in maniera fresca ed esaltante, presentandolo al grande pubblico in una versione ancora acerba e quindi ricca di quelle sfaccettature che, ad oggi, nessuno aveva avuto modo di analizzare e raccontare.
Una versione che, tra l'altro, sarebbe sbagliato classificare in fretta e furia come dedicata principalmente (o solo) ai teenager, considerato che nello spaccato esistenziale vissuto da Peter, c'è tutta una serie di dubbi e di scelte da compiere-o-non, che non si allontanano molto poi da quelle che abbiamo visto mettere in crisi i suoi predecessori o, volendo tornare coi piedi per terra, da quelle che potrebbero ruotare attorno alla morale di un qualsiasi uomo comune.  

Nonostante qualche imperfezione allora - dovuta per lo più a un cattivo al quale probabilmente poteva esser concesso un approfondimento maggiore e a una durata sulla quale si potevano andare a togliere almeno una quindicina di minuti - a questo "Spider-Man: Homecoming" bisognerebbe fare comunque solo i complimenti: se non altro perché era un film destinato ad andare contro ogni pronostico, voluto dalla Sony ad ogni costo per non rischiare di perdere i diritti sul personaggio e sul quale, soprattutto, c'erano da prendere tante scelte, tutte limitanti, per evitare di ritrovarsi immediatamente di fronte all'ennesimo schianto imprevisto.
Invece, quello che sono riusciti a tirare fuori Watts e i due sceneggiatori John Francis Daley e Jonathan M. Goldstein è, fino a prova contraria, il miglior film su Spider-Man realizzabile oggi: uno scampato pericolo che a questo punto siamo davvero curiosi di vedere fino a che altezze potrà salire.

Trailer:

Commenti