La Truffa Dei Logan - La Recensione

La Truffa Dei Logan Soderbergh
Abituati a vederlo cambiare genere di continuo, sperimentando e rischiando, obiettivamente non ce lo aspettavamo Steven Soderbergh tornare nuovamente ad affrontare i temi e le atmosfere dell’heist-movie. Con “La Truffa Dei Logan” infatti il regista compie un balzo all'indietro che lo porta a riprendere confidenza con quei toni tipici e mainstream che furono proprio del suo “Ocean’s Eleven”, citato peraltro in maniera spudorata, ad un certo punto, con una scena esilarante e dal gusto metacinematografico.

Ha voglia di divertirsi stavolta Soderbergh, di girare con il pilota automatico, di affidarsi ad attori che, in certi casi e certi contesti, sono praticamente sinonimo di certezza; senza preoccuparsi troppo di aggiungere tasselli aggiuntivi ad una filmografia di per sé già abbastanza vasta ed eterogenea. E allora “Logan Lucky” diventa quel tipo di film che ti fa sentire a tuo agio, che ti fa accomodare sulla poltrona offrendoti nient’altro che ciò che vorresti, ovvero una trama con protagonisti in cerca di riscatto, condita da quel pizzico di ironia al quale è davvero difficile dire di no. Certo, poi le differenze tra il Daniel Ocean di George Clooney e il Jimmy Logan di Channig Tatum ci sono e sono evidenti, nette per così dire: perché se uno (il primo) era recidivo, con nulla da perdere e ben radicato per quanto riguarda le conoscenze necessarie, utili ad allestire un colpo grosso, l’altro (il secondo, appunto) qui deve agire quasi per disperazione, improvvisarsi, impacchettare intelligenza, astuzia e discutibili contatti, rispondendo alla disgrazia del lavoro perduto e di una figlioletta presto lontana - er via di un’ex-moglie in fase di trasloco - come meglio gli riesce, considerando anche la cultura contadina da cui proviene, la sua gamba zoppicante e la maledizione che pare affliggere la sua famiglia.
Già, non sono fortunatissimi, a quanto pare, i Logan, anzi, molto spesso le cose gli vanno storte, prendono pieghe irreversibili, falliscono nei loro piani, o perlomeno questo è quel che sostiene, dall’alto della sua vicina esperienza, Adam Driver: fratello di Jimmy ed esperto barman nonostante la protesi al braccio dovuta alla mano perduta in guerra.

Logan Lucky SoderberghDel resto se è vero che Soderbergh gioca di rimessa, che si espone pochissimo, apparecchiandosi un tavolo nel quale difficilmente le cose potrebbero rivoltarsi contro di lui, è altrettanto vero che a rendere "La Truffa Dei Logan" un film curioso, inebriante e fresco nel suo piccolo, è l’animo di un protagonista tendenzialmente troppo buono e inadeguato per caricarsi sulle spalle il peso sia di leader che di criminale; un protagonista che la battuta “rubare alla Nascar è come rubare all’America”, detta a un certo punto da un componente della sua banda, dentro di lui la sente tutta, e in quanto americano deve assolutamente fare qualcosa per avere, alla fine della fiera, la cosiddetta botte piena e la moglie ubriaca.
E' uno degli ultimi, in fondo, Jimmy, uno dei quei sfortunati che non chiedono altro che sbarcare il lunario, che non vorrebbero far del male a nessuno, ma solo inserire un po' di giustizia laddove c'è disequilibrio e necessità. Ed è sotto questo frangente che funziona maggiormente la pellicola di Soderbergh, nel riuscire tramite questo laccio a creare empatia con noi spettatori, allestendo siparietti comici che diventano tali proprio nell'istante in cui a guidarli ci si mettono piloti improbabili, assurdi, scrupolosamente umani e quindi paradossalmente reali.

Perciò, pur non scrivendo nessuna pagina di chissà quale rilevanza, il regista finisce con lo spuntarla ancora una volta, intrattenendo con due ore di puro spasso e di buona azione e confezionando una pellicola dal vestito discreto, ma capace di avere comunque quel non so che di ricercato e grazioso.
Un po' come lo stile campagnolo onnipresente che, sostanzialmente, la caratterizza.

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