Morbius - La Recensione

Morbius Poster


INT – MENSA SONY – GIORNO 
Un giorno qualunque, al tavolo della produzione. 

Persona 1:
- Ehi, su quale altro personaggio Marvel abbiamo i diritti, oltre Spider-Man? Qualcuno che non abbiamo  ancora esplorato...

Persona 2: 
- Aspetta, vediamo. Fammi pensare…Ah, c’è Morbius!

Persona 1: 
- Chi? 

Persona 2: 
- Morbius!

Persona 1: 
- E chi è?

Persona 2: 
- È una sorta di scienziato con la leucemia che, per curarsi, tenta di mischiare il DNA umano con quello dei pipistrelli, ma le cose vanno male e diventa un mezzo vampiro assetato di sangue.

Persona 1: 
- Fico! Facciamoci un film.

Persona 2: 
- Ma così? De botto? Senza senso? C’è stato pure il Covid…coi pipistrelli, forse…è il caso di andarci piano, no?

Persona 1: 
- No, ma che, hai visto Batman? Luce verde, luce verde!

Persona 2: 
- Vabbè, ma ci servirà una sceneggiatura, almeno?

Persona 1: 
- Una sceneggiatura? Ce l’abbiamo la sceneggiatura!

Persona 2: 
- Come ce l’abbiamo?

Persona 1: 
- Oh, ma che fai, mi perdi colpi? Prendiamo quella di Venom 2, la passiamo al team creativo e gli diciamo di adattarla che dopodomani giriamo! 

Persona 2: 
- Dopodomani?

Persona 1: 
- Hai ragione. Digli che partiamo domani! 

Non è andata proprio così, è!
Anche se guardando “Morbius” immaginare una conversazione di questo tipo, potrebbe essere tutto, fuorché fantascienza. Perché è evidente che la Sony stia trattando i personaggi Marvel come macchine da soldi certificate, da utilizzare contro un pubblico che – a torto o a ragione, ce lo diranno i numeri – ormai è in chiaro stato catatonico.

Se “Spider-Man: No Way Home”, allora, pur non essendo propriamente un film, poteva funzionare come uno spensierato giro sulle montagne russe, in questo frangente non è possibile aggrapparsi neppure a quella componente. Sì, c’è la curiosità del genere horror che – superando le strizzatine d’occhio di “Venom” – qui trova terreno maggiormente fertile e scalpita per entrare in scena, ma quando lo fa si limita a giocare la deludente carta del jumpscare e delle facce da mostro in CGI. Insomma, poco o nulla, in termini di innovazione. Il resto è una trama che davvero sembra copiata e incollata da “La Furia Di Carnage”, con protagonista e antagonista che, anziché essere giornalista e criminale, sono migliori amici, se non fratelli, e che di fronte alla possibilità di liberarsi della loro malattia incurabile, reagiscono l’uno diversamente dall’altro: Morbius spinge sul piano etico, mentre Loxias Crown su quello egoistico. Se il primo non è disposto a uccidere il prossimo per cominciare a godersi la propria vita, il secondo se ne frega e vive la sua mutazione genetica come una sorta di evoluzione naturale dell’essere umano. Per cui, inevitabilmente, nasce una discussione, l’amicizia s’incrina e tutto convoglierà nel classico scontro tra bene e male dove chi vince, sostanzialmente, avrà ragione.

Morbius Jared Leto

Uno scheletro narrativo sin troppo esiguo, banale, ridondante. E nel quale – cosa importantissima – le relazioni tra i personaggi, la loro profondità e il loro background vengono trattate con una rapidità e una superficialità così imbarazzanti, da trasparire quasi come un intralcio, o uno spiegone noioso a cui i sceneggiatori hanno dovuto piegarsi. Il messaggio che passa è “sbrighiamoci coi convenevoli e cominciamo a spingere sugli effetti speciali, i denti aguzzi e i cazzotti”. Filosofia che, ammesso e non concesso possa esistere e stare in piedi, non solo rischia di mettere in discussione quale sia il target attuale di questi film, ma pure il concetto stesso di film in sé: perché un minimo, santo cielo, un minimo di rispetto per ciò che significa film, è necessario ricordarselo e preservarlo.
E’ evidente che si sia, invece, persa la bussola; che si sta cercando di puntare a una fetta di mercato ben precisa – se Disney/Marvel ha preso la direzione Epico/Divertente e la Warner quella Mista/Autoriale, la Sony appare interessata a quella Dark/filo-Horror – privi degli strumenti (o della voglia?) adatti a costruire un prodotto efficiente.

E se la musica non si sbriga a cambiare immediatamente; se si continuerà a sbandierare Spider-Man come specchietto per le allodole e poi a bruciare personaggi su personaggi in questo modo, il rischio è quello che l’unica strada da seguire rimanga quella di nuovi reboot, volti a rimediare agli errori.
Un film già visto - tanto per cambiare - e dal finale scontato (per info chiedere a “The Amazing Spider-Man) che, onestamente, non fa bene a nessuno, tantomeno a noi spettatori.

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