Miss Violence - La Recensione

Una famiglia allargata (composta di madre, quattro figli e due nonni, genitori di lei) deve fare i conti con il suicidio della piccola figlia buttatasi dal balcone della finestra di casa il giorno del suo undicesimo compleanno. Ignote sembrano le motivazioni che hanno spinto la ragazzina al compimento di un tale gesto, tuttavia, in quella che sembrava una casa felice, si cela qualcosa di assai tenebroso.

Comincia con l’elaborazione di un lutto “Miss Violence”, con le difficoltà di una famiglia sconvolta che cerca di riprendersi da qualcosa con cui mai si sarebbe aspettata di dover fare i conti. I metodi educativi del nonno - proclamatosi capofamiglia a causa dell’assenza di un padre vero e proprio - di raddrizzare un clima ovviamente teso emergono duri e dittatoriali, esagerati spesso, illudendo inizialmente a una terapia d’urto risanatrice, prima di attestarsi, man mano, come anticipazioni di qualcosa di più grande e più minaccioso del previsto. D'altronde il regista greco Alexandros Avranas sa perfettamente cosa vuole e come accaparrarselo, il suo tocco è notevolmente sicuro e volontariamente manipolatore, gestisce la narrazione in maniera ricattatoria, intensificando il potere del protagonista maschile e limitando quello delle vittime femminili, per esaltare una sottomissione totale, laconica quanto taciuta.

Gestisce bene la tensione, la costruzione delle scene, incuriosisce ostentando un tocco vorace, violento e imposto. Avranas studia la strategia per disturbare e scioccare lo spettatore e la cosa gli riesce con mestiere, incollandolo e seducendolo con un'oscurità che lentamente va a ridursi lasciando spazio alla luce. Racconta la prigionia e l'incapacità di reagire e ribellarsi, predilige l'uso di una regia molto statica, a camera fissa, in grado di creare la giusta tensione e di gettare nello sconforto lo spettatore non appena decide che ne è giunto il momento.

Non ha alcuna compassione “Miss Violence”, scuote mostrando le verità nascoste infilate sotto il tappeto delle mura domestiche: spiattella prostituzione, incesti e violenza, e poco c’entra tutto ciò con la crisi economica recente o con la situazione della Grecia in particolare. La volontà di tenere una famiglia sotto scacco ha poco a che vedere con la mancanza di denaro – anche se quello non si rifiuta –  è più una perversione, la voglia di sentire il controllo, una degenerazione talmente forte e (in)controllata da cui lasciarsi ogni tanto avvolgere perdendo freni ed eccedendo mano.

Avranas si accaparra così, quanto meno, una buona fetta di pubblico, la fetta distratta, quella occupata a cadere in trappola e a lasciarsi coinvolgere più del dovuto dagli eventi. Quella fetta non si accorge della fattura artificiale delle venature, gli basta tirare un sospiro di sollievo e di serenità quando accontentata e servita da quel che voleva. Ed è tutto un po' scorretto e fin troppo facile.

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