Lone Survivor - La Recensione


La storia vera (con qualche licenza poetica) dei quattro Navy SEAL inviati nella zona montuosa di Hindu Kush, in Afghanistan, per uccidere furtivamente il politico-militare talebano Ahmad Shah e dell'incontro accidentale accaduto durante un loro appostamento che scatenò un incidente morale capace di alterare l'intera missione. La speranza di mobilitare velocemente un recupero di emergenza vanificata dalla difficoltà ad intercettare un segnale radio utile per contattare la base e la successiva costrizione alla ritirata e ad un conflitto a fuoco contro un esercito di talebani armato e numericamente superiore.

Insegue fiero la via del reale Peter Berg con "Lone Survivor", pellicola tratta dal libro Lone Survivor: The Eyewitness Account of Operation Redwing and the Lost Heroes of Seal Team 10 pubblicato da Marcus Luttrell, non ha la minima intenzione di cedere il passo e rappresentare uno spaccato di guerra abitato da patrioti perfetti, ideati con sangue freddo e dallo scudo impenetrabile, va giù duro lui, e dopo aver mostrato a grandi linee addestramenti e cameratismi di gruppo scarica i suoi quattro protagonisti in una foresta afghana, isolata dalle montagne e dal mondo, lasciandoli prima dispersi e poi soli in balia del loro destino. Niente super soldati o eroi dunque ma solo uomini, uomini impegnati a difendere la reputazione solida del loro paese ma anche uomini che hanno paura, che rinunciano all'esaltazione militare e a macchiarsi di omicidi non calcolati per combattere una guerra che è, e deve restare, solo contro il cattivo obiettivo scelto.
Decisamente meglio nella parte centrale, il lavoro di Berg da il meglio di sé allora nelle sequenze intense e crude, quelle sorrette dagli esiti di un atto tanto giusto quanto letale e dove con riprese davvero palpabili e accurate il regista riesce a trasmettere la sofferenza umana e fisica di una fuga che ha l'intonazione di condanna ed il suono delle percosse veementi di corpi infranti sulle rocce.

Coraggioso eppure meno addestrato del previsto sotto l'aspetto della resistenza, "Lone Survivor" manca però la corsa alla sua medaglia nel passaggio errato che lo trascina a non spingere l'acceleratore sulla sopravvivenza e a scivolare e cadere in alcune trappole di retorica che, specie nelle battute finali, pare vada a cercarsi volontariamente. Che la storia di Luttrell abbia avuto sbocco positivo perché assistita dall'aiuto di un villaggio afghano, chiaramente ci può e ci deve stare, il problema risiede nel rappresentarlo sul grande schermo nella maniera meno opportuna possibile, la quale anziché aiutare a far lievitare ulteriormente l'energia accumulata faticosamente, la elimina rapida, annacquata da grezze facilonerie.

Un buon tentativo malriuscito, insomma, "Lone Survivor", il troppo singhiozzare ritmo in moto perpetuo non facilita l'inserimento di una tensione che per eventi era obbligata a toccare scale onestamente superiori di quelle infine raggiunte. Un cinema di questo tipo ad oggi in America è realizzato con ricchezza impeccabile da pochissimi autori, Paul Greengrass è uno di loro, il resto al massimo sono esercizi di verifica o missioni fallite.

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