Nymph()maniac: Volume I - La Recensione

Che si eviti di liquidarlo come la storia torbida di una donna capricciosa e anaffettiva, che di punto in bianco decide di svendere il proprio corpo per puro gusto e piacere personale. Sarebbe un errore imperdonabile, madornale. Poiché di giusto nel ragionamento di cui sopra ci sarebbe solo un (grosso) particolare: la figura della donna.

Ebbene si, perché mettere al posto della malconcia e pentita (?) Charlotte Gainsbourg una figura maschile, allora si che avrebbe cambiato le cose, e di molto anche, limitando il progetto "Nymphomaniac" a provocatorio, poco utile e insopportabile. E invece no, c'è lei, il sesso femminile, e sotto esso c'è Lars von Trier, le sue paure, i suoi drammi, e i suoi complessi verso una controparte per la quale ancora nutre incomprensioni, ansie e dubbi. Ecco perciò come la sua nuova pellicola improvvisamente riesca a prendere corpo e senso e a diventare l'ennesima seduta terapeutica, non solo per dinamiche narrative, ma soprattutto mentali per il regista, il quale manifesta la sua inferiorità verso il sesso debole e si arrende ad esso identificandolo come dominante nonché, all'occorrenza, letale e distruttivo per l'uomo (inteso come maschio). Al di là delle polemiche legate al materiale esplicito (ma nulla di sconvolgente) e al titolo - che evoca, se non al porno, almeno all'erotico - allora "Nymphomaniac" è più che altro un'altro (bel) pezzo di percorso (quello cominciato con "Antichrist") che va ad incastrarsi nella filmografia di von Trier in maniera automatica e inevitabile, un processo che avanza, cieco, alla ricerca non tanto di risposte quanto di ulteriori interrogativi e di autocoscienza.

Diviso in due volumi, a loro volta spezzettati in capitoli per facilitarne racconto e fruizione, "Nymphomaniac: Volume I" avvolge lo spettatore con una dolcezza brutale, che in piena contraddizione schiaffeggia e accarezza l'esposizione togliendo il mistero dai segreti di una donna che sin da giovane ha imparato ad usare il potere femminile in maniera meccanica e sperimentale, asportando qualunque parvenza di sentimento e prendendosi gioco delle sue vittime non considerando, neppure emotivamente, le conseguenze dei suoi gesti nei loro confronti, nemmeno quando, involontariamente, scombinava piani e progetti, spesso, elaborati e preziosi. Nel suo momento di ispirazione (e di carriera) migliore, von Trier, è voglioso di aprirsi e di capirsi, cammina nel suo limbo con brillante carica spirituale, fa con il sesso paragoni assurdi ma calzanti, sceglie l'arte della pesca per spiegare l'abbordaggio e la polifonia musicale per giustificare le relazioni multiple, procede con stile, cultura, smuovendo una trama che non cessa mai di sconquassare, roteare, affascinare e sorprendere.

Promette la presenza di una morale inoltre, ci tiene ad esplicitarlo fin da subito, una morale che sarà comprensibile solo al termine della narrazione integrale, solo dopo aver concluso il cerchio legato al profilo della protagonista Joe e il suo scontro/perdono con lo spettatore giudicante Seligman affidato a Stellan Skarsgård. Nulla perciò al termine di "Nymphomaniac: Volume I" è destinato a risultare chiaro, ultimato o finito, a parte il sospetto che, salvo sorprese nel finale, ci spinge a pensare ad un'opera pensata e scritta da von Trier in forma quasi Dantesca, l'apice di una Divina Commedia concepita a immagine e somiglianza e scritta, appunto, "nel mezzo del cammin della sua vita...".

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