Hell Or High Water - La Recensione

Hell Or High Water
C'è un western in fase di smantellamento a fare da sfondo a "Hell Or High Water", un Texas in cui viene detto, a un certo punto: "stanno mettendo i nastri digitali al posto di quelli analogici". Un territorio in aggiornamento dove di cowboy ne è rimasto solo uno, e pure lui prossimo alla pensione, e di indiano anche, cattolico peraltro. Scenario che non sembra affatto quello del ventunesimo secolo che è poi veramente, e che due fratelli sfruttano, nel momento cruciale della sua mutazione, per rapinare le filiali della banca che detiene l'ipoteca sulla loro fattoria di famiglia, provando a salvarla dalla politica di strozzinaggio che potrebbe portargliela via.

Inferno o acqua alla gola - la traduzione più o meno fedele del titolo originale - non poteva sintetizzare meglio la condizione dei due rapinatori Chris Pine e Ben Foster: che tra decidere se chinarsi ai giochetti sporchi di un istituzione gigantesca o rischiare la pelle affrontandola e pagandola con la stessa moneta, preferiscono non pensarci due volte e buttarsi a capofitto nella seconda opzione. Quella seconda opzione che, letteralmente, significa inferno, lo sanno, ma un inferno che possono pianificare per filo e per segno, prendendolo in contropiede e attraversandolo un po' come fecero Dante e Virgilio nella Divina Commedia. Certo è che se il Toby di Pine un pizzico di Virgilio potrebbe anche averlo dalla sua, per via dell'intelligenza, la calma e la tendenza a voler solo spaventare, senza premere il grilletto, lo stesso non si può dire del Tanner di Foster, che di Dante non ha assolutamente nulla, essendo lui un delinquente appena uscito di prigione, malato per la bella vita e con la tendenza a farsi prendere la mano nel cacciarsi nei guai. Sulle loro tracce, presto, si mette allora un Jeff Bridges stanco e malinconico, sceriffo refrattario all'idea di andare in pensione, accompagnato da un partner di origini indiane che si diverte a prendere in giro, tra insulti razziali e battute di spirito: da cui però non riesce mai a ricevere le soddisfazioni che vorrebbe e che lo aiuterebbero a rivivere le gioie del passato.

Hell Or High WaterUn passato che in "Hell Or High Water" sta facendo le valigie per uscire di scena definitivamente, spaventando a morte chi non si sente pronto per quel mondo che verrà e per il quale già sa, forse, di non essere adatto. Nel loro piccolo orticello, non a caso, ci stanno comodi i personaggi messi in scena da David Mackenzie, che nei comportamenti, nei pensieri, nel modo di vestire e di agire sono di un conservatorismo estremo e impenetrabile. Basti guardare a quel ristorante in cui (da circa quarant'anni) non puoi chiedere altro che bistecca da mangiare e tea da bere, dove a servirti c'è una cameriera forte di un monologo divertentissimo che impedisce a qualsiasi cliente di mettersi a discutere e di fare domande. E per Toby e Tanner, probabilmente, la faccenda non deve essere tanto diversa, in quell'inferno che hanno scelto di varcare e oltrepassare, ma che inconsciamente non ne farebbero una gran tragedia se dovesse finire con lo sconfiggerli e tenerli prigionieri. Persino lo sceriffo Bridge dal profondo li ringrazia, per quella caccia all'uomo e quegli inseguimenti vecchio stampo che non credeva di poter tornare a respirare e sentir vividi in corpo per un ultima volta.

Che tanto come vada vada, vivi o morti, quel che sta arrivando non è su misura per loro. Potrebbe andar bene per i figli, le mogli, al massimo, ma per chi con un iPhone non ci è mai cresciuto e non ha l'elasticità mentale per farci pratica, l'unica soluzione è comunque quella di farsi da parte e, magari, invocare sterili duelli con l'auspicio di trovarci dentro, prima o poi, quella pace che è sempre in grado di portare con sé molto più di un significato.

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