Alien: Covenant - La Recensione

Alien: Covenant Poster
E dire che ci eravamo quasi abituati. Non sentivamo più il bisogno di sapere dove “Prometheus” volesse andare a parare, di conoscere le risposte a quelle domande che lungo il suo cammino, anziché ridursi, finivano col moltiplicarsi, di chiederci se davvero Ridley Scott fosse tornato a mettere le mani sulla saga di Alien per un motivo preciso, o se solo per noia e nostalgia. Avevamo rimosso, insomma, dimenticato, in cinque anni succede, anche se con il cinema, e coi franchise in generale, non bisognerebbe mai dire mai, perché non appena tu giri l’angolo e decidi di non pensarci più, improvvisamente ecco che qualcosa si muove e non vede l’ora di sorprenderti alle spalle.

E leggermente, alle spalle, questo “Alien: Covenant” dobbiamo ammetterlo ci ha sorpreso, positivamente, sia chiaro, che poi a dominare da parte nostra è pur sempre l’affetto per il mito e la speranza di rimediare agli errori commessi, ma la sensazione che Scott prima di riprendere le redini un minimo abbia voluto riflettere e rivisitare i suoi piani è tanta. Certa, in sostanza. Quello che doveva essere un progetto di prequel infatti si era dimostrato maggiormente un pretesto colmo di lacune, lacune che immediatamente questo sequel intende andare a coprire, levigandole sin dal prologo, per poi cancellarle step by step lungo un cammino stavolta oculato. Prima ancora dello spettacolo perciò vengono messi a fuoco gli intenti, le direzioni moderne di una nuova trilogia che intende puntare i fari non tanto sui famosi xenomorfi, bensì sulle loro origini, scatenate - scopriremo - dalle ossessioni e dalla curiosità che dagli albori perseguita la mente di noi esseri umani. Un percorso esistenziale che Scott aveva imbastito e suggerito già in “Prometheus”, ma che adesso diventa quanto mai centrale e importante per restituire appeal e senso ad un arco narrativo scarno di punti fermi e assai più simile a un oggetto misterioso. L'astronave Covenant e il suo equipaggio perciò si rivelano ben presto solo un diversivo, un mezzo utile per recuperare quel sospeso a cui è obbligatorio rimettere mano e sbrigarsi a lucidare la scocca, visto che le risposte che cerchiamo, le motivazioni e le logiche di riferimento erano tutte già racchiuse nel corpo meccanico e nel volto indecifrabile dell'androide David di Michael Fassbender, rimasto isolato sul pianeta LV-233 da quando, dieci anni prima, ha mandato all'aria la spedizione degli uomini cui avrebbe dovuto assistere, destinandoli alla morte.

Alien: Covenant FilmBisogna risalire alla sua creazione per cominciare a unire i puntini, entrare in contatto con il concetto di perfezione intorno al quale ruota sia lui che la sua configurazione di base, quella che gli permette di ragionare, inventare, scegliere e addirittura di sognare. Un miscuglio pericoloso che negli anni a venire è stato rivisto e modificato, come gli spiega in fase di presentazioni Walter, la sua replica esteriormente spiccicata (si, ci sono due Fassbender!), ma assai più innocua e gestibile sotto l'aspetto caratteriale, morale e filosofico. Del resto è attraverso il loro confronto che "Alien: Covenant" comincia a far vibrare la sua anima, a farsi sentire davvero attraverso dialoghi, approcci e tentativi di ognuno di portare l'altro a sostenere e a difendere la propria barricata: una manovra funzionale e stuzzicante, che riesce a manifestare il suo rilievo e mire, pur non incidendo completamente come, forse, Scott aveva immaginato o voluto. Perché poi, a conti fatti, gira e rigira, le spinte propulsive - quelle realmente convincenti e degne di nota - arrivano ogni qual volta sullo schermo è presente il terrore e l'orrore puro, quando i corpi umani vengono quindi squarciati dall'interno, il sangue scorre a fiumi e le creature che escono fuori inevitabilmente riportano a far respirare (o, se preferite a fiutare) le atmosfere cupe e mozzafiato dello storico capostipite.

Quel capostipite a cui questo film guarda con ammirazione e insistenza, e non solo per ragioni di collocazione temporale, un capostipite con il quale Scott cerca di entrare ripetutamente in contatto pur non avendo mezzi e creatività adatti per poterlo almeno tallonare, tant'è che alla fine, per evitare danni, sente anche lui che gli conviene optare per il piano di riserva: riscattando il pessimo finale di "Prometheus" con una chiusura spettacolare e soddisfacente, che resta tale nonostante il colpo di scena pigro e prevedibile posto a margine.

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