Ci siete riusciti?
Bè comunque sia andata non fa niente, visto che a immaginare la cosa per voi, e a immaginarla bene, ci ha pensato il regista britannico, semi-sconosciuto ancora in Italia, Ben Wheatley. Ce li ha messi lui tutti questi delinquenti in un magazzino abbandonato, ci ha pensato lui ad armarli fino ai denti e sempre lui ha permesso che la malasorte facesse il suo corso, scatenando una sparatoria che, a conti fatti, tra colpi di pistola, fucili, attacchi verbali, insulti e pause, porta la durata di circa un’ora. In pratica due terzi del suo film totale - ed è probabilmente la caratteristica di maggior spicco – ambientati esclusivamente all'interno di questo luogo di scambio dal quale i vari protagonisti non riusciranno più ad uscire, prigionieri dei loro comportamenti, stili di vita e l’incapacità di alcuni di loro ad applicare buon senso e diplomazia. Gli piace raccontarli così a Wheatley i suoi (strambi) personaggi, mentre tra una battuta e l’altra e l’indice sul grilletto, provano ognuno a (non) fare il suo gioco: c’è chi cerca costantemente di mediare, chi vuole almeno far uscire di scena l’unica donna presente, chi è talmente fuori di testa che non ne vuole sapere di galateo, chi cerca vendetta e chi, infine, è preoccupato per i propri vestiti di marca o per la pettinatura curata messa a rischio.

Così, mentre questa guerra assurda e, a tratti divertentissima, non smette di cessare, mentre la camera non sbaglia un’inquadratura narrando alla perfezione una situazione claustrofobica in cui a muoversi sono all'incirca una decina di personaggi, cominciamo a capire come mai tra i produttori esecutivi del film figuri un tale Martin Scorsese, uno che di registi e di cinema forse se ne intende più di altri e che non ha resistito, come è giusto che sia, ad una sceneggiatura che ha dalla sua molte cartucce a disposizione per affacciarsi come spiazzante, folle e degna di nota.
Uno spettacolo che difficilmente, insomma, faticherà a rimanervi impresso.
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