Era il 2005 quando “Oldboy” esordì nei cinema italiani.
Due anni dopo l’uscita in Corea e uno dopo la vittoria del Gran Premio Speciale della Giuria al Festival di
Cannes: dove nella giuria presidiava un certo Quentin Tarantino, il quale esclamò, pare, la famosa frase: “Il
film che avrei voluto fare!”.
Il film che, otto anni dopo, rifece invece Spike Lee, consacrando uno dei momenti più bassi della sua
carriera e ricordando – almeno a chi lo aveva visto – quanto splendido (e inarrivabile) fosse l’originale.
Secondo capitolo di una trilogia – la trilogia della vendetta – diretta integralmente dal regista e
sceneggiatore Park Chan-wook, “Oldboy” è un’iniezione continua di puro cinema; un film che non solo è
riuscito a influenzare molto – tantissimo – di ciò che è arrivato dopo di lui, ma che ancora adesso, a distanza
di sedici anni, mangia praticamente in testa alla maggior parte dei lavori che potete vedere in sala, oppure
in streaming sul divano di casa vostra. E non è un’affermazione campata per aria, affatto. Perché con la
scusa della rimasterizzazione in 4K, curata da Park Chan-wook in prima persona, Lucky Red ha avuto la
magnifica idea di riportarlo al cinema veramente, dando la possibilità a chiunque – sottoscritto compreso –
di colmare il piacere di una visione che non ha nulla a che vedere con quella avvenuta su (più) piccolo
schermo.
Un’opera che qualsiasi appassionato in materia dovrebbe studiare da cima a fondo, imparare a memoria:
dalle soluzioni di regia, a quelle ancor più folli, spiazzanti e intelligenti, relative alla sceneggiatura. Come
accennato, infatti, la storia parla di una vendetta: quella di un uomo ordinario, chiamato Oh Dae-su, che
viene rapito e rinchiuso per quindici anni all'interno di una camera molto simile a quella di un albergo.
Lasciato libero all'improvviso, l’unico suo scopo diventa quindi quello di rintracciare il suo carceriere e i
relativi complici, per ucciderli uno dopo l’altro e mettere pace alla sua rabbia e alla sua sofferenza:
sostenuto nell'impresa da una giovane ragazza incontrata per caso e della quale s’innamora.
Eppure questa è solamente la superficie della situazione, la spinta necessaria a muovere un racconto che in
realtà, tra le sue pieghe, nasconde molto più di quanto ci appaia, e che per questo motivo sarà necessario
non trascurare in nessun dettaglio – nemmeno il più minuscolo – in attesa di colpi di scena che potrebbero
addirittura andare rovesciare granitici punti di vista.
Un quadro generale che, con tutta l’acqua passata sotto i ponti, riesce anche a stimolare proiezioni estemporanee su come il conflitto che sta alla base del film sarebbe stato trattato se contestualizzato in tempi moderni. Senza spoilerare nulla – dando per scontato
che questa perla manchi ancora nell'immaginario di molti spettatori – è palese, del resto, il cambiamento in negativo che ci ha colpito in questi ultimi anni: con l’avvento dei social e di strumenti tecnologicamente più propensi a creare
scompigli, sempre a portata di mano.
Ecco, allora, che un “Oldboy” versione 2.0 sarebbe possibile da intravedere e decisamente a tinte più violente e più cupe di quelle utilizzate da Park
Chan-wook: il quale, tuttavia, uno spiraglio di quiete dopo la tempesta - e nonostante tutto - ci tiene a tesserlo e a conservarlo.
Ed è bello pensare che non sia casuale; che sia proprio per il rispetto di tali intenzioni e di tale premura che nessuno - fino ad ora - abbia ritenuto opportuno rincarare la dose e abbuiare quel po' di luce salvata in extremis.
Trailer:
il mio film preferito <3
RispondiElimina