The Ugly Stepsister - La Recensione

Dimenticate la solita favola di Cenerentola e i pregiudizi (comprensibili) al seguito, quando venite a sapere che è tornata al cinema. Fatelo, perché l'adattamento - o lo stravolgimento - della regista e sceneggiatrice - 34enne norvegese - Emilie Blichfeldt è qualcosa di completamente diverso, che del racconto originale preserva la falsa riga, ma coi suoi personaggi si prende il diritto (sacrosanto, vivaddio) di fare il diavolo che gli pare.

Tant'è che la prima cosa che sorprende, mandando in fallo noi spettatori, è un ribaltamento dei ruoli a dir poco strabiliante ed imprevisto. La Cenerentola del caso, infatti, sembra essere Elvira, il brutto anatroccolo interpretato - magistralmente, scopriremo, follia dopo follia - dalla povera Lea Myren, figlia maggiore di una madre arrivista (e senza scrupoli), reduce da un matrimonio fallimentare, stroncato sul nascere dalla morte dell'anziano sposo, durante la cena dei festeggiamenti. Nulla di più sbagliato, in realtà. Perché quel ruolo (prestigioso?), capiremo proseguendo con la trama, è affidato, invece, alla bellissima sorellastra Agnes, altezzosa e consapevolmente più bella di lei, al punto da costringere l'ormai vedova matrigna a rinchiuderla nella stanza in cui giace ancora il corpo del padre in decomposizione, nell'intento di metterla fuori gioco e non rischiare che il principe Julian la preferisca al posto di sua figlia nella grande serata di ballo, dove sceglierà la sua principessa. E considerata la montagna di debiti accumulati - ed ereditati da un'unione che, al contrario di ciò che credeva, non prevede eredità alcuna - è un rischio che non può assolutamente permettersi di correre. Al punto da affidarsi a una sorta di chirurgo plastico - che considerata l'epoca, somiglia più a un macellaio - incaricato di risolvere a colpi di interventi(ini) ogni singolo difetto di Elvira, avvicinandola il più possibile a uno standard di bellezza oggettivo.

Va da sé che lo spirito del classico popolare non interessa affatto a Blichfeldt, la quale punta dritta e spedita verso la realizzazione di un body-horror (più disgustoso che spaventoso) che dà nuova linfa alla storia, stuzzicando e coinvolgendo (e divertendo) di gusto. Perché "The Ugly Stepsister" ce lo fa capire subito di non avere intenzione di prendere in prestito il mito di Cenerentola per farne il classico filmetto di serie b, senza né capo e ne coda, ciancicandolo un po', magari, e accontentandosi di spargere qualche litro di sangue qua e là, come va molto di moda di recente. Le sue ambizioni vanno ben oltre e sono tutte ponderate, ricercate. E' evidente che Blichfeldt voglia declinare la storia aprendo un discorso che, in qualche modo, vada a legarsi al mondo di oggi, a quello dove l'apparenza è tutto e la rincorsa verso la perfezione (estetica) (e quindi verso il successo) sembri non avere mai un traguardo preciso. A pagarne le spese è una Myren straordinaria, camaleontica nel cambiare pelle e nel distruggere sé stessa - letteralmente, anche - pur di assecondare gli ideali materni (quindi femminili) e quelli di una società maschilista che, figurati, se è interessata - come non lo è neanche adesso, ovviamente - a darsi la zappa sui piedi e a suggerire alle donne di non entrare in acerrima competizione per loro.
L'unica a osservare e a inorridire di fronte a tutto ciò è Alma, che di Elvira è la sorella minore e che di fronte all'educazione di una madre pessima e all'autolesionismo della sorella trova la forza di rimanere sempre lucida e contraria. Rivelandosi fondamentale, poi, per il parziale lieto fine della pellicola.

Così, rinfrescata con queste tematiche e abbruttita con cadaveri, vermi e arti mozzati, quella che ormai era diventata una favola che nulla aveva da dire, di colpo ecco che si rigenera e ritrova senso di esistere. A mani basse Blichfeldt realizza il live-action di Cenerentola migliore che si sia visto in circolo negli ultimi anni. Una favola nera, grottesca e disturbante, destinata più ai grandi che ai piccini.

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