Giovani Madri - La Recensione

Nel titolo c'è già tutto: perché quel giovani madri non può che star li a significare una condizione, il più delle volte, inattesa, prematura, spesso drammatica. 
Se poi si ha un minimo di dimestichezza coi fratelli Dardenne e con il loro cinema, allora, grossomodo è prevedibile anche intuire il tipo di contesto (sociale) e di direzione (formale) che si ha intenzione di prendere.

Le cinque ragazze protagoniste del loro film, infatti, sono tutte alle prese con la decisione più importante della loro vita: capire se accettare il ruolo di madre che accidentalmente gli è piombato addosso, oppure se compiere un passo indietro e dare la prole in affidamento. Ad aiutarle, lo staff di questa specie di rifugio (o casa famiglia) il cui scopo è proprio quello di accogliere casi del genere (donne in difficoltà economica, bisognose) e imparare loro come gestire al meglio (e fare chiarezza su) la situazione: fornendo sì ospitalità, ma pretendendo in cambio impegno e applicazione (collaborazione e responsabilità, quindi) nell'esplorazione e nella conoscenza di un ruolo che non per forza si è in grado, o si ha davvero voglia, di assumere alla loro età. Del resto, ognuna delle protagoniste porta sulle spalle un passato complesso, problematico: c'è chi ha un rapporto difficile col rifiuto e con l'abbandono, chi è dipendente dalla droga, chi ha sofferto la povertà e la violenza domestica e poi chi spera nella collaborazione di un compagno che, pure, è troppo disinteressato e immaturo, ancora, per identificarsi come padre. Presupposti che, inevitabilmente, vanno a incidere sull'ago della bilancia, che possono stravolgere o meno l'orientamento di un passo cruciale e influire su una stabilità emotiva di per sé piuttosto volubile.

Eppure, una caratteristica che sorprende e che non manca mai a nessuna delle giovani madri coinvolte, è questa necessità, questo interesse, nel voler compiere la scelta giusta, di mettere sempre al primo posto il bene dei loro figli, qualunque cosa ciò voglia dire, o possa comportare. E' il segnale di un materno dal valore profondissimo, vasto, sacro e che esiste a prescindere dalle poppate e dai pannolini che si decide(rà) o meno di continuare a cambiare, perché intrinseco di una gravidanza portata a termine contro tutto e tutti - loro comprese, in certi casi - ma soprattutto di una sofferenza tremenda - che è famigliare, personale, sociale - dalla quale c'è bisogno di mettere a riparo un futuro che, invece, merita il meglio ("Promettetemi che le imparerete a suonare uno strumento!", dice una di loro a una potenziale famiglia adottiva). E questa forza, questa determinazione con cui le ragazze (perché, di fatto, hanno appena superato la fase adolescenziale) cercano di andare a rompere il loop di negatività che le perseguita, tentando addirittura una riappacificazione con sé stesse e col passato, rappresenta il lato più intenso e commovente di "Giovani Madri", il cui intento è palesemente quello di incoraggiare la speranza di una (seconda) possibilità di salvezza (di felicità), che ha il diritto di essere inseguita.

Cinema verità, insomma, o cinema politico, se preferite, scarico però di qualsiasi retorica o espediente narrativo, intento a voler scardinare, manipolando, l'emotività dello spettatore. I Dardenne raccontano, con stile documentaristico (camera a mano, quasi silenziosamente) una realtà effettiva, autentica, e lo fanno con discrezione, con curiosità e (grande) rispetto, seguendo le loro attrici in questo percorso intimo e viscerale, dentro cui entrare e perdersi (e appassionarsi) è fin troppo semplice e spontaneo (e liberatorio).

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