Joe - La Recensione

Orientato fino a questo momento nell’esecuzione di commedie demenziali (ricordiamo “Strafumati”), il regista David Gordon Green affronta seriamente, per la prima volta, una vera e propria storia seria. Il suo "Joe" è infatti ispirato al romanzo scritto da Larry Brown, e punta a muoversi totalmente tra le vite di personalità perdenti e alcolizzate alla ricerca di redenzione, ma assai più brave ad infliggersi del male che a perdonarsi.

Girato tra i boschi, e tra le ville trasandate e distrutte collocate nei dintorni, il suo thriller-violento poggia la lente d’ingrandimento sul rapporto instaurato tra l’ex detenuto Joe e il giovane quindicenne Gary, approdato nella malsana cittadina con la sua famiglia e alla ricerca di un lavoro che lo aiuti a sostenerla e a proteggerla da un padre violento e dedito all’alcol. Tra i due scocca subito un’intesa benefica in grado di curare lentamente le ferite di entrambi, resistente e sincera sia al passato sia al presente avverso, gli stessi che proprio adesso pare siano tornati aspri e feroci per applicare contro di loro una sentenza inevitabile quanto gratuita.

Ostenta pessimismo cosmico inizialmente allora “Joe”, illude di voler allontanare il bene ogni qualvolta esso si avvicini per purificare il male e utilizza come scudo semi-resistente il personaggio di Nicolas Cage (che porta il nome del titolo), rassegnandolo a pagare i trascorsi che lo hanno visto in contrasto con la legge prima e con la delinquenza poi e murandolo, infine, fisicamente e mentalmente, nel compimento di una seconda scelta che potrebbe vederlo libero e felice con una compagna - anch’essa violata - in ben altri posti. Sebbene le intenzioni di Green siano piuttosto studiate, ordinate quasi, nel dare al suo lavoro un’identità ben precisa, a segargli le gambe e ad annientargli i propositi, si intromette purtroppo una scrittura dei dialoghi non proprio all’altezza della situazione, incapace di sorreggere le delicate tematiche affrontate.

E quindi gli eventi che nel finale portano, tutt'altro che sorprendentemente, al sacrificio necessario per dare più luce e speranze a un futuro migliore, si assorbono in maniera molto meno roboante di quanto ci si potesse attendere. I continui paragoni tra violenza umana e violenza animale, messi sotto il vestito e seminati qua e la, perdono ogni tipo di attenzione non appena si decide di dimenticarli e di insabbiarli. 
Ed è assolutamente normale restare interdetti, alla fine, se quel che rimane maggiormente a fuoco di “Joe” è un Nick Cage che prende in giro se stesso dando lezioni da duro su come fare colpo su ragazze di facili costumi. Assumendo espressioni alquanto discutibili e molto simili a quelle esibite nella sua lunga carriera d’attore, anche laddove l'ironia non era voluta.

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