[Fuori Concorso] Une Promesse - La Recensione

Con alle spalle le polemiche di qualche mese fa, scatenate dal suo film d’animazione “La Bottega dei Suicidi”, Patrice Leconte si dedica a tutt’altro genere e adatta per il grande schermo il romanzo di Stefan Zweig.

Ambientato nel 1912 (alle porte della Prima Guerra Mondiale che sarà anche presente)  “Une Promesse” narra gli eventi di Ludwig, un giovane ragazzo molto brillante che dopo essere stato assunto nell’acciaieria di proprietà di Karl Hoffmeister, si distingue immediatamente per bravura facendosi promuovere in breve tempo segretario personale di quest’ultimo. Aumentati i contatti con la famiglia del suo padrone, Ludwig si trasferisce nella dimora Hoffmeister dove, oltre a diventare insegnante di ripetizione del figlio, conosce la giovane moglie di Karl cominciando a provare, ricambiato, una fortissima attrazione per lei. Gesti, sguardi e momenti equivoci attirano facilmente l’attenzione del marito, il quale, a seguito di un affare andato in porto, spedisce il ragazzo in Messico per allontanarlo definitivamente dagli occhi della moglie disperata.

Con stampo classico il regista francese intavola un melodramma dal finale scontato e dai sviluppi prevedibili ma che dalla sua ha la maestria di imporsi ugualmente per bravura degli attori, ottima regia e stabilità di sceneggiatura. E’ verissimo infatti sostenere che “Une Promesse” è l’ennesima storiella in cui lui ama lei, che sta con un altro che non ama quanto ama lui, e dove alla fine il vero amore, tra disavventure e patimenti, ha l’obbligo di trionfare rendendo tutti felici e contenti. Ma è ancor più vero che quando un compitino facile e di seconda mano come questo finisce sotto le fila di chi con la recitazione, la regia e la scrittura ci sa fare molto più di altri, il disappunto perde di peso e lascia spazio alla soddisfazione, grande, di vedere un cinema compiuto a regola d’arte.

Alan Rickman e Rebecca Hall sfoderano un’interpretazione intensissima, aderiscono perfettamente ai loro personaggi e coprono con discrezione le non eccezionali doti recitative dell’avvenente Richard Madden, che nella mischia soffre abbastanza, non perendo solo per l'attribuzione di un ruolo più facile e da poter gestire con meno sforzi. A parte questa piccola parentesi però non c’è davvero alcuna sbavatura in “Une Promesse”, avanza tutto con maniacale pulizia da rasentare quasi la perfezione, ottenendo il massimo consentito da qualcosa che, tendenzialmente, ha già detto tutto innumerevoli volte.

Il bello tuttavia si ama e si amerà all’infinito a prescindere, per cui ben vengano prodotti come questo, che sebbene non spicchino per originalità e inventiva sanno brillare e incantare quantomeno per pregevole fattura e competenza di mezzi. Rarità al giorno d'oggi.

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