La Mia Classe - La Recensione

Vuole raccontare la parte migliore degli extra-comunitari, Daniele Gaglianone, quella fatta di persone che fuggono da realtà faticose e vengono a cercare fortuna in paesi migliori con l’intento di rispettare le leggi e di inserirsi al meglio.

Già, vuole raccontarlo, e vuole farlo sotto forma di film di finzione, con la storia di un professore d’italiano che insegna a una classe mista di stranieri, la quale partecipa alle lezioni e, oltre ad imparare la nostra lingua, si apre, sperimenta, si integra. L’intento è dimostrare che esiste un’altra facciata al di là di quella più conosciuta a sfondo criminale, fatta di gente per bene, disposta a farsi in quattro per lavorare e mantenere il permesso di soggiorno aspirando a un minimo di felicità.

Ma inaspettatamente accade qualcosa di imprevisto (forse): durante le riprese a uno degli studenti della classe per via della disoccupazione scade veramente il visto per soggiornare in Italia e così il film, di cui erano state già effettuate alcune riprese, subisce un arresto che rischia addirittura di diventare irreversibile. Sapientemente Gaglianone allora decide di non ritoccare la sceneggiatura (ma ci ha provato) e recuperare qualcosa che gli era sfuggito di mano barcamenandosi alternativamente tra quello che il suo film sarebbe dovuto essere e quello che poi diventa. E’ probabilmente la sua salvezza quella di trasformare "La Mia Classe" per (più di) metà in documentario, un toccasana rivitalizzante, perché da quelle poche parti rimaste aggrappate alla sceneggiatura originale si evince un fastidioso carico di retorica che avrebbe portato tutt’altro che bene alla pellicola, mentre i momenti reali, ripresi con troupe in scena e in cui i studenti oltre a seguire il canovaccio dello script si lasciano andare a spruzzi di verità emanano una carica senza dubbio più potente e più interessante.

Il professore Valerio Mastandrea allora esce da un ruolo che a quanto pare avrebbe dovuto avere un risvolto pessimo e si presta a gestire l’ordine di chi con la recitazione è ancora alle prime armi: insegna le basi della lingua italiana, fa improvvisare su come è corretto affrontare chiamate di lavoro, analizza il testo della canzone “L’Autostrada“ di Daniele Silvestri riscuotendo opinioni da chi si rispecchia in dinamiche di solitudine. Vuole sfacciatamente emozionare Gaglianone e in alcune occasioni per farlo è disposto a scendere in forzature (la scena dei pianti) che infastidiscono e tolgono qualcosa al suo ibrido prodotto, tutto sommato intrigante e coinvolgente.

L’arrangiamento che il regista ha dovuto compiere per ultimare l'opera si percepisce facilmente: si arriva risicatissimi alla durata standard di un'ora e mezza e in certi momenti l'arrancare è udibile nell'aria. Ciò nonostante va detto che “La Mia Classe” i suoi momenti potenti li infila, al suo messaggio ci arriva e più di una risata la strappa. Certo, si dimentica di un piccolo particolare, non giustifica come un'attore coinvolto nelle riprese di un film possa perdere il permesso di soggiorno a riprese in corso per mancanza di lavoro. E questo è senz’altro un dubbio che supera il cinema in sé ma finisce per incastrarsi in scenari scomodi per coloro che proprio di questi problemi han scelto di discutere.

In attesa del trailer, una clip:

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