Cattivissimo Me 2 - La Recensione

Risaltare l'importanza di avere, o ancora meglio, di essere una famiglia è un messaggio che in ambito cinematografico ha sempre trovato, giustamente, lo spazio e l'accoglienza che meritava.
Negli ultimi anni però, a farne pesante abuso, ci ha pensato l'industria dell'animazione, che nel suo processo dalle pieghe redditizie e seriali ha spalmato un po' ovunque, per questioni legate prevalentemente a uno spessore altrimenti inesistente di trama, il messaggio puro e contemporaneamente universale del nucleo famigliare ampio e disomogeneo che oramai ha raggiunto, se non sostituito, l'immagine più antica e chiusa della classica famiglia ordinaria e normalizzata.

Per quanto dolce e tenera possa risultare l'esortazione, tuttavia la riproposizione ricorrente di qualsiasi cosa, oltre ad essere simbolo di crisi, alla fine stanca e annoia e, purtroppo, anche per "Cattivissimo Me 2" le cose non girano diversamente. La pellicola diretta a quattro mani da Pierre Coffin e Chris Renaud smette di cantare fuori dal coro spostando il baricentro lontanissimo dalla sua accattivante posizione d'origine, andando a inchinarsi al cospetto di quello che ormai è diventato ufficialmente il ripiego costante dei titubanti. Il sequel del fortunato "Cattivissimo Me" abbassa infatti vertiginosamente le sue pretese e si propone sotto una forma meno rischiosa e più omologata del previsto che inevitabilmente mette in luce non solo una mancata fiducia nei confronti di quella generosità creativa che tanto bene gli aveva portato ma specialmente la forzata scelta di ampliare un qualcosa senza sapere esattamente né il perché e né il per come.

In perfetta linea con chi, prima di lui, ha appoggiato la stessa linea, il target di riferimento viene abbassato quel tanto che basta per indirizzare la pellicola ad uso e consumo di un pubblico più piccolo, perdendo memoria, fino all'ultima virgola, delle scorrettezze e della cattiveria che avevano contraddistinto la resa positiva dello stampo originale. Qui viene raccontato il vuoto rappresentato dalla mancata figura femminile e materna assente nella vita come nella famiglia allargata di Gru e, con la scusa, viene aggiunto un personaggio femminile carismatico che sa tener testa in scena al personaggio doppiato in lingua originale da Steve Carrell (in Italia da Max Giusti). Viene allestita pertanto una sottotrama spionistica a metà tra James Bond e "Mission: Impossible" alla quale Gru prende parte con poca eccitazione per via dell'imposta collaborazione con l'invadente, eccentrica partner Lucy Wilde (doppiata in originale da Kristin Wiig e in Italia da Arisa), per la quale - utilizzando quello che è uno degli stereotipi più consumati - finirà infine per provare sentimenti profondi.

La forzatura che circonda la messa in scena di "Cattivissimo Me 2" si notifica allora fin troppo facilmente, e pur non avendone certezza il pensiero che la sua realizzazione sia stata incoraggiata più da motivi di marketing che da altro è timbratissima, sorretta peraltro dall'invasione dei piccoli Minion che molto spesso vengono utilizzati come elemento comico principale e come bastone per una narrazione assai zoppicante.

Tuttavia, sebbene siamo lontani dai splendori primordiali, sentenziare in anticipo un teorico esaurimento del suddetto franchise è ancora prematuro, l'ottimo "Madagascar 3" è stato l'esempio perfetto di come la caduta in questo tipo di prodotti sa essere praticamente inesistente. Certo è che "Cattivissimo Me 2" rende assai meglio quando cerca di spianare la strada a quel progetto dal futuro prossimo che virerà le luci interamente sui simpaticissimi e caotici piccoli esserini giallastri. Ma ovviamente per il sequel di un film aggiudicarsi un etichetta simile non può convertirsi né in vanto e neppure in sintomo di buona riuscita.

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