Un Boss in Salotto - La Recensione

Rischiamo di essere ripetitivi, purtroppo, ma quando ad essere ripetitivo è il cinema in sé, chi ne scrive non può fare altro che adeguarsi e ribadire quel che già aveva espresso in chissà ormai quante uscite, fino alla stregua se c’è bisogno: fino a quando, per tartassamento o fattori esterni, il cenno di comprensione non arrivi e lasci intendere a noi dissidenti, finalmente, almeno la presa in considerazione del dilemma.

Cominciamo col dire che Luca Miniero è un Neri Parenti un po' più altolocato, nel senso che ha interesse a mantenere una determinata sobrietà ma non disdegna di accaparrarsi il pubblico con facili soluzioni e una comicità clonata tanto quanto massivamente popolare. "Un Boss in Salotto" infatti non è altro che il proseguo coerente e logico dell'accoppiata esplosiva al box office di "Benvenuti al Sud" e "Benvenuti al Nord" (suoi precedenti lavori), perché, andando a stringere la cinta, si tratta di una versione appena più elaborata e geneticamente modificata di quelle due pellicole, alla quale però spetta il compito di miscelarle entrambe andando a discutere sempre di convivenza complicata, vizi, conflitti, pregi e difetti dell'italiano del nord e dell'italiano del sud. L'arte di Miniero dunque è quella di prendere atto dei riscontri avuti in passato e nel voltare pagina non cambiare argomento, riverniciare la scocca, magari, e sfoggiare un aspetto più luccicante ed evoluto senza aggiungere nulla che possa far scattare lui o il suo cinema modesto e insipido di un livello di bravura.

A fare la commedia quindi devono pensarci i due indomabili leoni di razza, quello femminile e quello maschile, Paola Cortellesi e Rocco Papaleo, i quali con la loro comicità e la loro bravura trascinano - onestamente senza fatica - le sorti di una farsa prevedibile e leggermente frizzante, che si lascia andare in qualche occasione al demenziale-usato-sicuro e anche al volgare, per compiacere meglio lo spettatore-medio e strappare qualche risata bonus da tenere in riserva. La formula tuttavia funziona ma senza esaltare, le risate escono contate e a mezza bocca e ad andare meglio è il ritmo alto che scorre veloce ed evita scivoloni di sceneggiatura o soste in gabbie che volendo, erano li pronte e a portata di mano. Intelligente allora diventa la scelta di arruolare al fianco dei due leoni altri animali che, nel bene o nel male, sanno come fare per restituire ai protagonisti la palla per l'offensiva in maniera precisa e naturale. Angela Finocchiaro, Alessandro Besentini (Ale di Ale&Franz) e lo stesso Luca Argentero in ciò se la cavano bene e pur non esplodendo per carisma e spirito sono ben concentrati nel giocare di sponda e aiutare la pellicola ad arrivare a una chiusa perlomeno sopportabile e dignitosa.

Lo ha definito cinepastiera, Luca Miniero il suo film, e a pensarci bene probabilmente è l’etichetta che meglio può rappresentare un prodotto che non si discosta molto dalle commedie natalizie standard ma che al tempo stesso finge di differenziarsi da loro il più possibile. A chi pagherà il biglietto quindi “Un Boss In Salotto” piacerà, in quale misura poco importa, poiché a preoccupare di più deve essere l'incapacità del nostro pubblico nel saper rintracciare ormai tutto quello di cui la commedia italiana dovrebbe liberarsi una volta per tutte.
Nell'opera di Miniero, con le dovute proporzioni, di indizi ce ne sono molti ma ad accorgersene saranno in pochi.

Trailer:

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