Godzilla - La Recensione

L'ultima immagine che avevamo dei Kaiju era accomunata al "Pacific Rim" di Guillermo Del Toro, e vedeva questi mostri enormi e spaventosi determinati a sconfiggere la razza umana per impadronirsi della terra. Una razza umana che dal canto suo però non aveva intenzione di arrendersi, e per questo aveva ideato - in un futuro molto lontano - tecnologie all'avanguardia adatte ad opporsi o quantomeno a ritardare la resa.
Ma ecco che a rimischiare totalmente le carte, adesso, arriva il "Godzilla" di Gareth Edwards.

Il regista di "Monsters" - pellicola che lo ha reso noto e gli ha permesso di prendere in mano un blockbuster ad alto rischio - infatti riscrive completamente la figura dei Kaiju, partendo dal loro padre assoluto e manipolando a proprio piacimento Storia e Mito. E allora Godzilla non è più un mostro da sconfiggere con bombe e missili terra aria (e non che durante la Seconda Guerra Mondiale non ci si sia provato con ogni mezzo) ma un Dio a cui affidarsi e pregare quando due mostri della sua stessa taglia decidono di venir fuori dagli abissi della terra e fare piazza pulita e nuova fecondazione. L'elezione del super-eroe che non ti aspetti, di colui che non può partecipare a quella fantasia comune ma che di prepotenza ne prende parte arricchendola e rivoluzionandola. Perché sebbene Godzilla qui lavori allo stesso modo di un super-eroe, in realtà ne è l'esatto opposto, un anti super-eroe, un colosso indistruttibile, inattaccabile e dormiente pronto a palesarsi solo quando è l'ora di ripristinare l'equilibrio naturale delle cose, quello che erroneamente l'uomo, tramite la sua arroganza, crede di poter controllare.

Nel (ri)costruire il personaggio e la sua gloria, tuttavia, Edwards deve fare i conti con una sceneggiatura non molto affine alle sue origini, hollywodiana se vogliamo, e umanamente blanda e stereotipata (specie nelle dinamiche e nella caratterizzazione dei protagonisti). Cerca pertanto di coprirne le pecche lavorando molto d'astuzia, aggiungendo un'atmosfera rarefatta e vecchio stile che richiama le remote pellicole in bianco e nero dedicate alla creatura, ma soprattutto inserendo un tocco d'originalità moderna che vede una regia incline a impallare la camera per "sporcare" l'inquadratura, dando così l'impressione allo spettatore di essere posizionato veramente al centro degli eventi e mai all'esterno. In questo modo riesce spesso a spezzare quei momenti in cui il suo "Godzilla" si assopisce e lascia lo scettro in mano agli esseri umani, i quali non riescono, con le loro forze, a mantenere pienamente stabile un attenzione che, dopo una partenza a scoppio, tende a concedere alcuni cali fino ad esplodere, infine, rumorosamente e definitivamente nell'ultimo spaccato montando una conclusione spettacolare e gigantesca.

Eppure per quanto complessivamente accettabile e godibile, rimane comunque l'impressione che il lavoro svolto da Edwards sia più figlio di un industria che della volontà di voler esplicitare qualcosa di nuovo, e che quindi il suo "Re dei Mostri", così come molte altre vittime prima di lui, sia stato risvegliato dal sonno profondo non tanto per fare del bene, quanto per accendere altre telecamere e fare audience.
Uno scopo che più che fare ordine rischia di aumentare il disordine già presente.

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