Birdman (O Le Imprevedibili Virtù dell'Ignoranza) - La Recensione

Ha voglia di prendersi meno sul serio stavolta Alejandro González Iñárritu, di uscire dai racconti corali e drammatici che lo avevano contraddistinto, di provare qualcosa di nuovo. Il suo “Birdman (O Le Imprevedibili Virtù dell'Ignoranza)” infatti stona non poco con la filmografia che fin qui aveva contribuito a lanciarlo, affacciandosi come prodotto che persino i suoi fan più accaniti faticherebbero ad attribuirgli.
Ma forse, proprio per queste ragioni, rischia di diventare il suo nuovo biglietto da visita.

Grottesco, diretto, affascinante.
Etichette che il protagonista alla ricerca di riscatto Riggan Thomson, non si esimerebbe a dibattere e a distruggere, eppure ben si adattano alla messa in scena di una pellicola che per tecnicismo, sostanza e performance attoriali, frantuma a tempo di record qualsiasi riserva, proiettando lo spettatore in un viaggio frenetico, a contorni dark e dal ritmo incalzante. Tutto ruota attorno al protagonista di cui prima, Riggan Thomson, un attore in pensione, suo malgrado, non più richiesto da quando ha deciso di mollare – dopo tre capitoli – le vesti del super-erore che gli aveva concesso la fama: Birdman. Sventura che sta provando tuttavia a controbattere adesso con ogni sua forza, attraverso l’adattamento di un’opera teatrale che vuole per portare in scena a Broadway (con molti problemi) e che dovrebbe mostrare a pubblico e critica che il suo talento non è solo la celebrità di un costume come tutti sostengono. E con cui persino lui continua ancora a (con)vivere e lottare in privato.

Ora è vero, spiegata la trama, la facilità d’associazione spingerebbe subito a parlare e ad analizzare i legami che uniscono da vicino Michael Keaton (ex- Batman e attore ultimamente ai margini dello schermo) e il suo personaggio. Tuttavia sarebbe un discorso troppo comodo e poco costruttivo, se non altro perché seppure a Iñárritu la cosa poteva stuzzicare in fase di casting, magari, nulla finisce per centrare poi coi fini ultimi del suo lavoro. Forma e stile, viceversa, sono i due punti focali su cui il regista poggia gran parte del valore della sua pellicola, girando completamente in un piano sequenza che va a staccare solo poco prima della scena finale, quando per necessità di sceneggiatura è costretto a inserire un secondo piano conclusivo. Ovviamente per ragioni logistiche e temporali (e anche pratiche) il piano sequenza di cui parliamo è tutt’altro che effettivo, possibile esclusivamente tramite l’intervento del digitale, ma nonostante ciò, la scelta della sua applicazione si rivela fondamentale per l'intera narrazione, diventando punto di forza maggiore dell'opera. L’occhio della camera, dunque, si fa protagonista aggiunto, lo strumento al quale viene attribuito il compito di non battere mai ciglio e di seguire, spiando, gli attori in ogni loro momento - intimo e clou - voltando così le spalle alla temporalità e lasciando il compito di allacciarne i nodi a chi sta a guardare.

E’ evidente che in tutto ciò la trama finisca per essere leggermente schiacciata, messa in secondo piano, ma chissà che anche questo non sia l’ennesimo trucco sferrato da Iñárritu per concludere la sua cavalcata con successo e ghigni. Perché in qualche modo il cambio di passo del regista, il suo aver abbandonato (temporaneamente?) l’impronta di sempre, risulta specchiarsi, un po' a sorpresa, nelle parole di Riggan e dell'urlo disperato lanciato al massimo della sua sopportazione. Ovviamente è un attacco al cinema frivolo (riconducibile a quello dei super-eroi) e alla società che lo sostiene, un cinema che sta affossando e limitando l'altro tipo di cinema, quello solitamente ricco di contenuti (come quello vicino a Iñárritu), situazione con cui il regista, probabilmente, non va troppo d'accordo.
Il che rende lo spettacolo ancor più divertente, visto che proprio sbeffeggiando e demolendo quel tipo di cinema dal di dentro, con citazioni, riferimenti, ed elementi nascosti (su tutti la voce di Birdman rauca come quella del Batman di Nolan e il font del poster di "Birdman 3", attaccato in camerino di Keaton, uguale a quello di "Iron-Man 3"), Iñárritu realizza forse il film migliore della sua carriera.

Trailer:

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