La Trattativa - La Recensione

C'è sempre qualcuno che non sa. Che non sa tutto. O che non sa abbastanza.
Per cui un film sulla trattativa Stato-Mafia, così come l'ha fatto Sabina Guzzanti, tutto può essere fuorché inutile.

E in effetti è tante cose "La Trattativa". E' un documentario, una commedia, un'attenta ricostruzione dei fatti eseguita per alcuni versi (quelli più duri) con l'immaginazione dei protagonisti. Ma anche un horror inquietante, perlomeno per l'italiano che lo guarda e lo assorbe tirando le somme definitive del suo paese caduto nel baratro non per caso. Un principio infatti c'è stato, era l'inizio degli anni novanta e in Italia - in quella che poi fu definita come la stagione delle bombe - morivano uno dopo l'altro Salvatore Lima, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino: una ferita insopportabile per il paese, una patata bollente da (non) gestire per il governo. Da qui l'idea di intavolare una trattativa col terrorismo mafioso, di sedersi a tavolino e ascoltare le richieste e le condizioni che avrebbero portato Stato e Mafia a lavorare a stretto contatto come unica mente e unico esecutore. Una serie di compromessi, disegni di legge, proposte e controproposte, che servivano a ristabilire pace e la tranquillità in una classe - quella politica - sempre più a rischio. Ma che ritrova finalmente il proprio equilibrio nel 1994, quando il duo formato da Silvio Berlusconi e Marcello Dell'Utri fonda il partito politico di Forza Italia che vince le elezioni e mette la parola fine a ogni ostilità.

Cotto a fuoco lento nella finzione tipica della regista - che alleggerisce il succedersi dell'esposizione con una comicità tagliente fatta di sketch allestiti in uno studio di posa - il racconto impostato ne "La Trattativa", a parte svelare una pagina molto lunga della storia politica italiana, ci riguarda a tutto tondo perché piede di partenza di un tracollo ancora in corso, di cui non ci è permesso neppure oggi di conoscere il punto fine. Un po' vittima e un po' carnefice è il popolo, che però la Guzzanti non cita mai come un complice, quasi a volerlo estraniare da un sotterfugi che si sarebbe completato a prescindere, manipolato da sistemi superiori che agiscono e si muovono autonomamente, a prescindere. E probabilmente è proprio per questo motivo che fa malissimo apprendere (o ripercorrere) delle fasi critiche della nostra Storia senza neppure la possibilità di potersi andare a incolpare per qualche errore: esclamando un inutile se solo avessi...
Alla responsabilità di noi vittime Sabina Guzzanti, vuoi per inutilità, vuoi per assenza, non ritaglia alcun accenno, come a ribadire quel concetto già ultimamente in voga di un Italia in grado di governarsi dall'alto senza il parere dei suoi cittadini.

Ma forse questi sono solo concetti che "La Trattativa" smuove a casaccio nell'inconscio di noi spettatori, di cui magari la Guzzanti sarà felice ma non provocatrice. La sua, in fondo, è un'opera onesta, che già dal titolo promette qualcosa a cui resta aggrappato fino all'ultimo secondo. Tutto, chiaramente, certificato e verificato da testimonianze e documentazioni, a parte la commovente agenda di Borsellino mai ritrovata su cui si è voluto, poeticamente, fantasticare.

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