Mortdecai - La Recensione

Sognava di essere il sostituto naturale dell'ispettore Clouseau il Mortdecai di Johnny Depp, sognava di riportare in auge quella commedia demenziale, dall'umorismo inglese degli anni '70 e '80, sognava di essere il pezzo mancante di un genere ormai vincolato alla serietà o all'adrenalina, ma purtroppo, nonostante avesse ragione, la realtà parla diversamente.

Le armi per riuscire nel suo intento "Mortdecai" le avrebbe avute pure, poteva davvero lanciarsi prepotentemente e ritagliarsi quel posto riservato a cui ambiva, se solo avesse evitato di affidare il suo volto a Depp e avesse puntato meno sulla sua bravura (mai così in discussione) da caratterista.
Sono anni che l'attore di "Pirati Dei Caraibi" continua a dimostrare quanto gli riesca difficile gigionare uscendo dal personaggio di Jack Sparrow, da cui sembra sia rimasto incastrato e imprigionato, e sono anni che la sua partecipazione a determinate pellicole, anziché essere spinta o vantaggio, si trasforma in affanno o penalizzazione. Però il regista David Koepp gli dedica lo stesso l'intero palcoscenico, lascia che questo gli aderisca addosso, cercando in ogni modo di farlo apparire in qualsiasi inquadratura, affidandogli almeno un gesto o un espressione. L'aderenza a Mortdecai tuttavia Johnny Depp non la trova neppure con il tempo, l'umorismo British che prova a simulare gli rimbalza contro e se risulta funzionale è solamente quando di fianco a lui circola il suo braccio destro, assistente e lottatore, Paul Bettany.

Avrebbe giovato più con un protagonista inglese a tutto tondo, sicuramente "Mortdecai", qualcuno che possibilmente dietro di sé non fosse dotato di un ombra gigantesca a fare da intralcio e che magari avrebbe saputo valorizzare maggiormente sia una presenza femminile come Gwyneth Paltrow, sia un detective piatto e trascurato come quello cucito attorno a un Ewan McGregor scialbo e disorientato oltre ogni limite nella scelta dei copioni.
L'adattamento del romanzo di Kyril Bonfiglioli allora diventa una festicciola tra intimi, una réunion tra star alla ricerca di intrattenimento, a cui essere invitati non è poi così interessante né elettrizzante. E' raro trovare nella sceneggiatura di Eric Aronson una battuta o una sequenza che sia in grado di potersi definire riuscita o divertente e il montaggio frenetico con cui la storia decide marciare e di spostarsi da una parte all'altra del mondo non aiuta certo ad entrare nel mood più positivo. La trama sottile del quadro di Goya rubato, contenente i codici per ritrovare l'oro dei nazisti, che la pellicola utilizza esclusivamente per mettersi in moto, era quindi l'unica speranza di correggere le macchie di un prodotto malpensato e allo sbando. Una speranza che un casting con meno spessore, che avrebbe alzato sicuramente il livello di rischio, avrebbe aiutato a prendere in considerazione, scongiurando la confusione e aumentando le precauzioni.

Le aspirazioni e le ambizioni di "Mortdecai" perciò finiscono con lo schiantarsi direttamente al suolo, non lasciando altro che l'annullamento totale del suo protagonista (dotato di baffi su cui lungo tutto il film non si fa altro che fare battute), domande su come la Paltrow riesca sempre a mettersi in salvo, dubbi per un Ewan McGregor ormai incapace di intendere e di volere e vari perché legati ad una Olivia Munn sensuale, splendida e teoricamente ninfomane, a cui è concesso solo un piccolo spazio e soprattutto poco tempo per mettere in pratica le decantate doti del suo personaggio.
Molti detriti su cui riflettere. Oppure no.

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