Cenerentola - La Recensione

Pensate a quella storia che ogni sera da piccoli vi facevate raccontare quando andavate a letto. Quella storia di cui conoscete ogni singolo dettaglio, sfumatura, colpo di scena. Ecco, ora pensate a quella storia raccontata non dalla solita persona a cui eravate abituati, ma da qualcuno più abile, con maggiore estro, un talentuoso narratore di favole. La cosa andrebbe più o meno così: pensereste di assistere a una versione totalmente nuova della storia, poi vi accorgereste di stare ad ascoltare ciò che già conoscete, ma con parole ed effetti leggermente diversi e alla fine vi addormentereste perché oramai sapete benissimo come andrà a finire.
Ecco, questo è il risultato prodotto dalla "Cenerentola" di Kenneth Branagh.

Qualcuno però potrebbe obiettare, qualcuno potrebbe dire: ma la Storia è quella, è normale, che ti aspetti? E' evidente che aspettarsi qualcosa dalla Disney in questo periodo storico non è il massimo della perspicacia, eppure da una fiaba come quella di Cenerentola, ma soprattutto da una sua versione live-action - peraltro non richiesta - era plausibile aspettarsi una rivisitazione moderna più o meno pesante, la presa in carico di una "licenza poetica" con cui andare ad aggiornare un modello di donna che, con tutto lo sforzo possibile, nel 2015, sa di stantio e di poca credibilità e per questo degna di diverso destino.
Ma quella che per Branagh poteva essere quindi un'occasione di cristallo, da conservare e non lasciarsi sfuggire, si tramuta, purtroppo, nella possibilità più accademica di dar vita a un prodotto, di per sé già consumato e spremuto, nella maniera più classica e canonica concepibile, non lesinando però in sfarzosità e togliendo qualsiasi tipo di freno ad effetti speciali, costumi e scenografie. E' lui stesso a trasformarsi allora nella Fata Madrina, a divertirsi con la bacchetta magica messa nelle sue mani shakespeariane, mossa e agitata con enorme disciplina e fedeltà alla radice, performance che gli consente decisamente di stregare e conquistare il pubblico più piccolo, ancora in erba, ma di infastidire, in qualche occasione persino nervosamente, quel tipo di pubblico non interessato alla minestra riscaldata.

Il difetto maggiore di un lavoro esteticamente ben fatto e ineccepibile diventa perciò la poca credibilità elargita dagli attori in scena, attori che per quanto in parte e, in alcuni casi, eccellenti (vedi Cate Blanchett) si trovano a dover essere protagonisti di una piéce fuori tempo massimo e di una esposizione che per quanto si faccia forza del distintivo di dedizione deve incessantemente fare i conti con una realtà che rigetta violentemente le impalcature e i dettami di un rapporto matrigna-figliastra ai limiti del credibile.
Bastava correggere leggermente il tiro, se proprio riscriverlo da zero era materia proibita, bastava prendersi qualche responsabilità ed evitare di rappresentare Cenerentola come fosse una bambina ingenua, poco sana di mente, che fa del consiglio della madre morente "sii genitle e coraggiosa" una sua interpretazione piuttosto eccessiva e discutibile. Ma forse ciò va di pari passo con la crisi d'ispirazione (e la paura?) che ha portato la Disney, di recente, ad aprire un ramo live-action che ingrana a fatica, dove il nuovo rivestimento che ogni volta si prova ad inserire in quelle storie che erano state riposte in soffitta, oltre a non rendere giustizia al marchio lo getta ancor più a fondo in quella penombra da cui non riesce a venir fuori.

Uno stillicidio, iniziato e proseguito, di cui speriamo si trovi al più presto uno scopo logico o una risoluzione finale, tenendo a mente che la Disney si è sempre distinta, storicamente, per intelligenza e cura nei prodotti, ma che a forza di continuare sulla strada intrapresa ultimamente, potrebbe inviare ai suoi fan di vecchia data la sensazione di un ammutinamento interno. Uno di quelli da arrestare immediatamente, mentre all'esterno ci si augura di avere assistito all'ultimo, indigesto, strappo.

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