Companion - La Recensione

Companion Film Poster

Me lo ricordo ancora: ero su YouTube che stavo seguendo un podcast mentre mi allenavo e all'improvviso è partita la solita carrellata di annunci pubblicitari. Solitamente attendo finisca il conto alla rovescia per skippare e tornare ai miei contenuti, ma quel giorno la riproduzione di uno strano trailer ha avuto la meglio, attirando la mia curiosità. Giunto alla fine - e durava circa due minuti, è - scopro che il titolo del film che mi era stato presentato è "Companion", ne prendo atto e lo tengo a mente.
Ed eccomi qui, signor giudice-
No, dai, scherzi a parte. La verità è che, a volte, il marketing fa il suo dovere e lo fa benissimo, ingannando (e alzando le aspettative) anche meglio di quanto la teoria vorrebbe.

Perché ormai le strategie per accaparrarsi lo spettatore, sovrastano addirittura il processo di scrittura necessario a realizzare una buona pellicola. Certo, va detto che a leggere la trama di "Companion" non è che ci si possa aspettare chissà che cosa, o perlomeno non ci si potrebbe aspettare più di quel che è stato fatto (o forse si?). E in questi casi, solitamente, le strade sono due: o si prende quella scelta da Drew Hancock - sceneggiatore e regista - oppure l'alternativa è (ri)fare "Megan". Tuttavia, a me piace pensare che, ammesso e non concesso che Hancock abbia compiuto la scelta giusta, distinguendosi e non presentandosi con la copia carbone di un prodotto già esistente, un pizzico di creatività in più, di profondità e di azzardo, poteva metterceli lo stesso. Ma contestualizziamo. Di cosa parla "Companion"? In sintesi, di un futuro distopico - ma mica tanto, azzarderei - in cui ognuno di noi avrà la possibilità di poter acquistare (o noleggiare) dei fuckbot, ovvero dei robot "da compagnia" costruiti per apparire tali e quali agli esseri umani, con lo scopo di scacciare la solitudine, obbedire e assecondare le nostre esigenze. Ma come ogni prodotto tecnologico che si rispetti, e che deve attenersi a delle regole prestabilite (sociali, governative, di mercato), ecco che il suo jailbreak è dietro l'angolo. E, quindi, la customizzazione - pericolosa - su misura che, nel caso specifico, potete immaginarlo, può arrivare a trasformare l'oggetto in questione in una perfetta macchina assassina.
Cosa che, ovviamente, avviene.

Companion Film

Rispetto a "Megan", però, dove il robot era "il cattivo" e noi umani "le vittime" qui c'è un ribaltamento dei ruoli. Qui è Iris - il fuckbot di Josh - ad essere in pericolo, a dover mettere in salvo sé stessa, fuggendo dal reset di fabbrica. E la dinamica che porta a tale scenario è scatenata da un omicidio che ha commesso non per sua volontà, ma perché in preda a un'alterazione software messa in atto da Josh: artefice di un piano diabolico, che per Hancock è comunque un pretesto per andare a parlare d'altro. Sostanzialmente, infatti, "Companion" - e lo dice il titolo, senza fronzoli - vuole affrontare la tematica delle relazioni (moderne), un argomento di strettissima attualità e sul quale stanno aumentando - legittimamente - sia le analisi che l'interesse. II preferire un robot a un umano in carne ed ossa, il privilegio di dargli ordini, non doverlo ricambiare di attenzioni e poterlo spegnere a piacimento, è una soluzione algida e cinica che, finzione a parte, non sembra poi cosi distante da ciò che il futuro prospetta (ammesso che questo futuro non sia già il presente). L'intelligenza artificiale corre come un treno e il pericolo di trasformarci in una società alla deriva, arida, fragile, egocentrica e rancorosa (e vittimista) si intravede già all'orizzonte. E non è un caso se Hancock cerca di costruire una sorta di parallelismo tra il suo canovaccio e i rapporti i tossici e violenti che non smettono di riempire la cronaca dei giornali. Evidenziando insicurezze, fragilità dell'uomo - ma pure della donna - e la scorciatoia di virare su dispositivi umanoidi, teoricamente semplici, configurati per non dirci mai di no, incensarci e sottomettersi alla nostra volontà (consegnandoci potere).

Incastri che funzionano così e così, che creano dissonanze: dovute più che altro a un dualismo - la voglia di intrattenere e divertire lo spettatore, mista all'opportunità di non farsi sfuggire l'analisi a una problematica seria - che viene assorbito dal racconto in maniera ambivalente, poco organica, superficiale. L'impressione è che assumere responsabilità complesse costi assai di più del guadagno a "Companion", il quale non ha il phisique du role per sostenere quell'impalcatura e riesce a funzionare decisamente meglio quando impegnato a nuotare nella leggerezza. Quando, nel primo atto, la patina di distopia e mistero (di pulcinella) era nell'aria e prometteva ancora uno spettacolo potenzialmente migliore ed originale rispetto a quello esercitato in pratica.

Trailer:

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