Le Regole Del Caos - La Recensione

Gli scandali a corte, la quotidianità di Re e Regine e le feste sfarzose organizzate per dare un taglio alla noia e ammogliare figli e figliastre, sono argomenti assolutamente banditi a "Le Regole Del Caos". Una storia che lo stesso regista (e co-protagonista) Alan Rickman ci tiene a definire "per certi versi, moderna", indipendente quindi da regole e disposizioni solitamente ancorate a prodotti di simil genere.

La sceneggiatura di Alison Deegan (alla quale poi hanno messo mano anche lo stesso Rickman e Jeremy Brock) racconta infatti dell'atipico incontro/scontro tra il giardiniere privato di Luigi XIV, André Le Notre, e una modesta paesaggista dal talento eccentrico, da lui selezionata per realizzare la Paradisiaca sala da ballo all'aperto richiesta espressamente dal Re per il suo nuovo palazzo di Versailles. Dopo il pessimo primo incontro, la collaborazione tra i due si intensifica fino a sfociare nel sentimento più reciproco, andando a scavare anche a fondo verso un privato torbido da un lato e drammatico dall'altro.
Va ad assumere così i geni tipici del romance l'opera in costume di Rickman, uno di quelli però che non è capace di disfarsi completamente delle sovrastrutture del contesto in cui poggia per abbracciare a pieno una relazione sentimentale che purtroppo rimane troppo spesso in stallo e zoppica quando è il turno di farsi avanti e procedere. Appare un tantino impacciato il regista britannico, piuttosto confuso nel dosare a dovere dramma, humour e passione per dare alla sua pellicola il passo corretto, ma soprattutto un significato utile quantomeno a giustificarne la realizzazione. Finisce allora per piantarsi o per girare in tondo su se stesso "Le Regole Del Caos", con personaggi secondari che non sanno affermare il loro spazio in scena e attimi dove allungare il brodo non serve a nulla se non ad appesantire quella condizione di arresto in cui si impantana e si incastra.

Si preoccupa molto più della fotografia e dello scenario sicuramente Rickman, avvalendosi di ambienti e paesaggi eleganti e colorati, piacevoli alla vista, e adibiti ad arte per stupire e meravigliare ad effetto come ben gli riesce nella sfarzosa scena conclusiva. Tuttavia la fastosità messa sullo sfondo non gli consente di andare a sopperire a una scontatezza di trama e a una prevedibilità di colpi di scena che uniti alla mancata sostanza, generale e imperatrice, contribuiscono ad appesantire il tutto rendendo sostenibile a malapena l'incedere di una narrazione mai del tutto padroneggiata e convincente.

Viene normale quindi chiedersi, a conti fatti, quali siano state le motivazioni che hanno spinto una pellicola come "Le Regole Del Caos" a prendere forma, considerando la profonda assenza di cose da dire e l'insufficiente coinvolgimento che gli stessi autori e interpreti hanno messo in luce nel bel mezzo del suo assemblaggio.

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