Sinister 2 - La Recensione

A Jason Bloom ormai dobbiamo abituarci.
Dobbiamo abituarci alla sua industria horror, alla sua offerta di prodotti da fast-food, contraddistinti da un idea di base che rappresenta l'unico ingrediente mutevole, al centro di una confezione di contorno generalmente uguale a sé stessa.
Da buon produttore, infatti, il suo scopo non è tanto il cinema, ma ciò che il cinema può dargli: ovvero gli incassi. Ed essendo anche questo un mestiere a tutti gli effetti, in poco tempo, attraverso la sua bravura e alcuni franchise più o meno riusciti - realizzati a costi più o meno contenuti - Bloom è riuscito a ritagliarsi un nome piuttosto rilevante nel settore del genere e non solo.

La realizzazione di "Sinister 2" allora non è che una conseguenza di quanto accennato, un sequel non necessario, non utile, ma doveroso nei confronti del box-office: che aveva consacrato il primo "Sinister" come un successo inequivocabile. Una forma di cinema scarica, spiacevole, dove regista e sceneggiatore vengono commissionati per obbedire agli ordini, lavorando esattamente come lavorerebbero in una qualsiasi fabbrica. Il ragionamento è semplice: se nel primo "Sinister" l'elemento di vittoria era stato rappresentato da filmatini raccapriccianti girati in Super 8, in "Sinister 2" è automatico che dovranno esserci nuovamente i filmini in Super 8, ma più raccapriccianti e scioccanti. Stesso discorso vale per gli altri titoli con destino simile.
Così facendo, è previsto in partenza, che la pellicola realizzata sarà, a grandi linee, simile alla capostipite, ma con qualche dettaglio a fare la differenza (solitamente è il cambio più o meno totale dei protagonisti, dipende dal franchise). Un po' come quando la casa produttrice di un cioccolato al latte, ripropone lo stesso prodotto fatto con il cioccolato bianco, o fondente.
Nel cinema, però, a dispetto del settore alimentare, determinate manovre spesso vanno così e così, raramente vanno bene o meglio, il più delle volte molto male.

Questo è uno di quei casi in cui tutto è andato male.
"Sinister 2" è un sequel freddo, spento, estirpato da qualsiasi forma di tensione e svuotato dell'innovazione fresca, funzionante in passato. Un lavoro banale, che manca l'appuntamento con il genere che rappresenta, avanzando statico, ma soprattutto incapace di raggiungere una qualsiasi meta.
Tra spettatore e trama la connessione è sempre assente, conseguenza per la quale gli sforzi di spaventarlo appaiono scarsi o del tutto vani, trasformando in un buco nell'acqua persino i noti trucchetti con cui solitamente lo si fa saltare dalla poltrona, utilizzando musiche di sottofondo ad hoc e apparizioni inaspettate. La regia di Ciarán Foy, in tutto questo centra ben poco, anzi, considerando il potere esecutivo limitato a disposizione, è complessivamente organizzata, priva di sbavature e compatta per tutti i novanta minuti.

Ma quando a mancare tuttavia è l'intera spina dorsale di una pellicola i risultati non possono che essere questi, specie se si decide di fare un cinema cotto e mangiato, sottovalutando al massimo lo spettatore e la sua passione per il genere.
Ma, come detto, Jason Bloom, ormai, è una realtà affermata e alla sua idea industriale di cinema dobbiamo abituarci.

Trailer:

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