Fallito l'omaggio a Ruggero Deodato con "The Green Inferno", il regista di "Hostel" non si perde d'animo e stavolta si lascia ispirare, senza dichiararsi - forse per non suscitare ancora polemiche - dal "Funny Game" di Michael Haneke, per una nuova storia meno cruda, più orientata verso il thriller, ma comunque folle secondo quella che è la sua mentalità indiscutibile di cineasta.
A fare quindi il knock knock del titolo alla porta del Keanu Reeves sposato con figli, ma lasciato solo dalla sua famiglia durante il week-end, non sono più allora due ragazzi vestiti di bianco, con intenzioni gratuitamente violente, bensì due giovani ragazze affascinanti e disperse, che sotto la pioggia battente della nottata stanno cercando aiuto per contattare una loro amica e magari asciugarsi un pochettino i vestiti corti, da festa. Servizi che l'architetto Reeves, solleticato un minimo dalla situazione, non se la sente proprio di negargli, comportandosi gentilmente e con fare imbarazzato, di fronte agli atteggiamenti e alle battutine piccanti che le due disinibite sconosciute accennano, tentandolo a più riprese forse per gioco, forse sul serio. L'amore per sua moglie e per i suoi figli però lo fanno desistere, passando da una sedia all'altra del suo salotto come se niente fosse e schivando le avances con sangue freddo e buon senso, quello che deve arrendersi, comunque, di fronte a un potere femminile sprigionato al massimo delle sue potenzialità su di un uomo sicuramente forte, ma pur sempre fatto di carne ed ossa.

Certo, il prendersi abbastanza sul serio, pur andandoci giù pesante con l'ironia, è un errore - ed un peccato - che "Knock Knock" è obbligato a pagare pur potendolo facilmente evitare. Ma se si sceglie di aprire le porte ad un folle come Eli Roth bisogna sempre essere abbastanza morbidi e indulgenti da accettare i suoi modi e trattenere le proteste.
Tenendo a mente che lui, a dispetto di altri, l'educazione di fare toc toc alla nostra porta l'ha conservata.
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