1981: Indagine a New York (A Most Violent Year) - La Recensione

Corre, Oscar Isaac all'inizio di "1981: Indagine a New York (A Most Violent Year)", corre proprio come correva Rocky quando doveva allenarsi per un incontro mondiale di pugilato. Corre perché anche lui ci tiene a rimanere in forma, ma soprattutto corre perché per il regista J.C. Chandor quella corsa rappresenta il miglior modo possibile per descrivere il suo protagonista: un uomo tutto d'un pezzo, cresciuto attraverso la cultura del lavoro e quindi attaccato al significato di fatica, sudore e disciplina.

Rispetto al personaggio interpretato da Sylvester Stallone però, l'Abel Morales di Isaac ha già compiuto la sua scalata verso il successo, guardando, ora, più verso l'espansione nelle terre americane e verso il dominio assoluto delle stesse. La sua azienda di carburante, va a gonfie vele, infatti, partita dal basso e costruita mattone su mattone insieme alla moglie, ha raggiunto il traguardo di principale competitor nella sua categoria: motivo per cui gli imprenditori della New York anni '80 sullo sfondo, a cui involontariamente sta pestando i piedi, hanno intenzione di mettergli i bastoni in mezzo alle ruote e di rispedirlo il prima possibile da dove è venuto. Quell'ascesa regolare, quell'onestà da sempre sbandierata e difesa, improvvisamente allora comincia ad essere messa a dura prova, a scontrarsi con le nemesi di turno, quelle che per essere allontanate, sconfitte o guardate semplicemente in faccia obbligano a sporcarti le mani, a scendere a compromessi o ad abbassarti di livello: a muoverti quindi lungo determinate altezze che, solitamente, agli uomini tutti d'un pezzo non sono concesse neppure in piccola parte.
Gatta da pelare che Morales, dall'alto dei suoi principi, mai si sarebbe aspettato di trovare nel paese in cui è stato forgiato e promosso l'American Dream, quel concetto che lui stesso venera, incarna e difende, ma che, forse, non è poi tanto facile da raggiungere se al suo interno manca quell'ingrediente scomodo, ma necessario, chiamato sangue.

Come in "Rocky", ma diversamente da "Rocky", la ricerca della felicità in "1981: Indagine a New York (A Most Violent Year)" passa ancora per lo scontro, si tratta tuttavia di uno scontro pericoloso, sleale, a cui il personaggio di Isaac preferisce voltare le spalle, rifiutandosi di prenderne parte e sperando che prima o poi la dignità di colui, o di coloro, che hanno deciso di spalancarlo, riafferri in mano le redini e ristabilisca correttezza, sia nella concorrenza che nel mercato. E' un uomo troppo buono, del resto, il suo Morales per passare a quell'attacco spietato e violento che la causa vorrebbe, troppo ottimista verso il mondo e contemporaneamente troppo tenace nei confronti di quel credo che ha contribuito a renderlo rispettabile e benestante. Gli manca, di fatto, quel cinismo importantissimo, fiore all'occhiello degli uomini d'affari, arma utile alla sopravvivenza che sua moglie - una bravissima Jessica Chastain - invece conosce perfettamente e applica al posto del marito, instradata da un padre che direttamente, o per vie traverse, di quella stessa America infetta e inquinata, in passato, è stato noto complice poi incriminato.

Di fronte alla freddezza, alla cattiveria e agli inganni che lo circondano Morales perciò sembra quasi un Don Chisciotte tenero e abbandonato, in lotta contro i mulini a vento e preso in giro da tutti perché profeta della bontà e della morale. Una condizione che, oltre ad incidere fin dentro l'epilogo della storia, permette al regista J. C. Chandor di dirigere con passo felpato e tensione programmata una pellicola elegante, sorretta da grandi interpreti e complessivamente azzeccata.
Che nonostante la tematica abusata ha il pregio di centrare il bersaglio e di non sfaldarsi minimamente.

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