Alice Attraverso Lo Specchio - La Recensione

Ricordo che qualche anno fa (decennio, ormai) mi appassionai ad un gioco della PlayStation chiamato Kingdom Hearts. Un gioco nel quale un protagonista, Sora, andava in giro spalleggiato da Paperino e Pippo (che poi erano il motivo per cui avevo preso il gioco), attraversando vari mondi appartenenti ai maggiori classici Disney per mettere a posto delle questioni romantiche di cui ora non mi sovvengono i dettagli.

Ecco, sono sicuro che se dovesse uscire una nuova edizione di quel gioco, oggi, conterrebbe senz'altro uno spaccato dedicato ad "Alice Attraverso Lo Specchio", una missione all'interno del suo mondo, con la Cronosfera, il Tempo col fiato sul collo e Sora al posto di Alice a farsi in quattro per rispettare le regole, centrando l'obiettivo entro i limiti prestabiliti. Perché in effetti un po' ad un videogioco la pellicola diretta da James Bobin gli assomiglia, con il suo prologo leggermente sopra le righe, un po' noiosetto, utile a gettare le basi (ma che se potessimo manderemo avanti pigiando tutti i tasti del joystick) e l'entrata in scena di quel mondo incantato che fu di Tim Burton (qui solo produttore), improvvisamente da riassestare per colpa di un Cappellaio Matto entrato in depressione e convinto da un indizio che i suoi genitori, morti anni prima, siano ancora vivi e vegeti. Il suo stato è a dir poco preoccupante e i suoi amici, in pena per lui, spingono Alice nella dimora di Tempo (un Sasha Baron Coen davvero non male), che altro non è che colui che gestisce il nome che porta e che possiede un oggetto chiamato Cronosfera, che potrebbe, se messo in mano ad una persona, permettere di tornare indietro nel tempo per sistemare qualsiasi evento legato al passato. Chiaramente, però, come in ogni passatempo videoludico che si rispetti, c'è sempre qualche intralcio a minare il cammino del protagonista, così, ad Alice, non resta nient'altro da fare che entrare ufficialmente nei panni di Sora, preparandosi a saltare su lancette di orologi giganti, accovacciarsi e schivare trappole inaspettate, interagendo con nuovi personaggi e intercettando informazioni che poi girerà o meno a suo vantaggio.

Raccoglie oggetti strani Alice, li lancia, li guida, muovendosi e ispezionando piani temporali con la stessa tecnica e la stessa spavalderia di quando navigava in mare, mentre dietro di lei Tempo la insegue per impedire che la sua negligenza crei danni irreparabili. Passa da un'annata all'altra del mondo delle meraviglie, indaga, ricostruisce eventi che non conosceva o di cui aveva solo sentito parlare, svelando l'infanzia traumatica di Regina di Cuori e, in parallelo, di Regina Bianca, scoprendo che le carte cadute sul tavolo, ormai, non solo non si possono più cambiare, ma non sono neppure le stesse che gli altri gli avevano suggerito. Un viaggio durante il quale, tuttavia, compie l'ennesimo salto di maturazione della sua vita, comprendendo la vera essenza e il vero scopo del tempo (che prima detestava e soprannominava furfante) e avvicinandosi con affetto al valore di famiglia che sottovalutava: perdonando una madre che, nel corso della sua assenza in mare, all'inizio, si era lasciata coinvolgere dalle grigie regole di corte, mettendo il futuro della figlia al sicuro, eppure alle strette.

Tutto molto tenero e dolce, insomma, tutto visivamente ben realizzato e con qualche parentesi davvero interessante: dove spicca un Johnny Depp che a tratti, con il suo personaggio, sfocia in una versione dark inaspettata e da piccoli brividi. Si ridacchia, ci si intrattiene - ogni tanto lo si fa anche con gusto - cadendo, quando serve, lievemente nella retorica e nella facile soluzione che in questi casi ci può stare e perciò stona meno. In quella che comunque è un'opera scritta con la mano sinistra, che mira a prendersi la sufficienza stiracchiata e fare box-office, ma che, secondo chi scrive, anziché vederla, sarebbe stato molto meglio averla potuta giocare. Magari con Sora. Magari proprio a Kingdom Hearts.

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