All The Way - La Recensione

Le donne di "All The Way" sono quelle grandi, quelle che, secondo il detto, stanno sempre dietro ai grandi uomini. Tu non le vedi, non le senti, ma loro sono li, guardinghe, ad impedire che il loro partner crolli, si perda in un bicchiere d'acqua o soffra. Parliamo di donne straordinarie, magnifiche, che davanti ad una risposta poco cordiale del marito, o davanti a una sua assenza, magari, sanno leggere la situazione e comprendere: abbandonandosi ad una crisi di pianto, in caso, non per l'offesa ricevuta, non per l'attenzione mancata, ma per il dispiacere di vedere la persona che amano travolta e stressata da un lavoro, il più delle volte, gigantesco e stracolmo di responsabilità.

Essere Presidente degli Stati Uniti d'America, d'altronde, non è un mestiere facile, facile, specie se non sei stato eletto ufficialmente, ma costretto ad entrare in carica a seguito dell'omicidio di John Fitzgerald Kennedy. E' quello che capita al Lyndon B. Johnson di Bryan Cranston, uno dei Presidenti, forse, tra i meno popolari della Storia a stelle e strisce, eppure tra i più importanti per idee politiche, morale e risultati raggiunti. Portò avanti il progetto politico del suo predecessore, infatti, Johnson, andando contro alcuni punti fermi del suo stesso partito, pur di promuovere in legge il decreto sui diritti civili che avrebbe dovuto far cessare la disuguaglianza e la sottomissione dei neri in favore dei bianchi lungo tutto il paese. Fu soprattuto questo decreto a contraddistinguere il suo periodo di governo (sebbene si occupò anche di gestire la già cominciata guerra del Vietnam), composto più che altro da continue lotte verbali con chi non aveva intenzione di accettare la questione, da accordi politici strategici e fragili, dagli scontri coi sudisti e dalle negoziazioni con Martin Luther King Jr. che andava, si, ascoltato e assecondato, ma anche spiato e tenuto sotto controllo tramite l'FBI di J. Edgar Hoover (non sia mai avesse deciso di prendere iniziative). Ciò a testimonianza che, come accadde per altri prima e dopo di lui, le ombre e i lati oscuri, di certo, non mancavano neanche ai migliori, perché fare politica significa fare la guerra e in guerra l'unico modo per vincere è vincere.

Nella pellicola diretta dal regista Jay Roach, ispirata all'opera teatrale di Robert Schenkkan, (andata in onda sul canale via cavo HBO, lo scorso 21 Maggio)‎, però non c'è spazio per il solito ritratto brutto, sporco e cattivo del Presidente arrivista, manipolatore e assetato di potere, per quello c'è già Frank Underwood, il che basta e avanza. Con il Johnson impersonato da Cranston è tutto un altro paio di maniche: ci si empatizza, si tifa per lui, si spera affinché riesca a convincere l'opinione pubblica a seguirlo; e questo nonostante il suo giocare sporco, il suo mentire per guadagnare un voto in più e il suo carattere un po' volubile con il quale, spesso, i suoi affetti più cari sono destinati a fare i conti. A svolgere la differenza quindi è l'obiettivo, cioè i principi di uguaglianza intorno ai quali "All The Way" ruota, restando principalmente incollato al suo protagonista, salvo brevissime uscite con le quali va a gettare uno sguardo anche all'esterno tra pagine di Storia essenziale, strade violente e omicidi efferati.

Come prodotto televisivo allora il rischio era quello di cadere troppo nel didascalico, di mettere in piedi un prodotto eccessivamente scolastico, confezionato per essere digerito senza rischi o controindicazioni. Per fortuna, invece, Roach cerca il più possibile di evitare di scadere in questo tipo di rappresentazione, non tradendo il codice e le direttive del network che lo commissiona, ma alzando un tantino il gomito non appena intravede lo spazio disponibile per poterlo sgranchire o scaldare. Pur non raggiungendo, dunque, vette da capogiro, la sua pellicola lascia intravedere una cura e una ricerca che, tendenzialmente, in prodotti simili non è scontato rilevare, in particolare andando a pescare nella vita matrimoniale dei Johnson e nel loro rapporto sentimentale sia pubblico che privato.

Come la Claire di "House Of Cards" è ago della bilancia per l'equilibrio di Kevin Spacey, lo stesso, qui, vale per la Lady Bird Johnson interpretata da Melissa Leo, la quale preferisce fornire il suo supporto da retrovie ben più distanti da quelle che il suo ruolo da First Lady preveda, andando a scuotere il marito ogni qual volta i capovolgimenti di fronte lo trascinano a largo, mettendo temporaneamente in crisi quella forza e quella determinazione fondamentale per la sua partita. Lei sa perfettamente che è solo attraverso quella forza e quella determinazione che il disegno che lui ha in mente per il paese riuscirà ad entrare in vigore, a cambiare l'America aiutandola a compiere i primi passi per divenire un paese migliore, così come sa meglio di chiunque altro che persino un grande uomo, in solitario, non ce la può fare a tenere sulle spalle un peso tanto colossale, a meno che dietro di lui non vada a posizionarsi, con la stessa fermezza, una donna altrettanto grande che lo aiuti a sostenerlo e a sorreggerlo.
In fondo, è la Storia a dircelo, le grandi imprese nascono sempre (e solo) in questo modo.

Trailer:

Commenti