Un'allucinazione. Ecco, ciò che si potrebbe percepire di fronte al "Testa O Croce?" di Alessio Rigo de Righi e Matteo Zoppis. L'allucinazione di un cinema italiano che "No, non può essere, dai, si saranno sbagliati!". L'impressione che ci si trovi davanti a un film girato circa cinquant'anni fa, quando in Italia gli spaghetti western andavano di moda e la nostra industria era ancora capace di stupire gli spettatori. Poi, però, fa capolino Alessandro Borghi e a quel punto è più facile convincersi che: "Ok, non sto delirando, allora, ciò che sto osservando è realmente un film dei nostri tempi!".
Ma ad essere sinceri, il dubbio che lo fosse ce l'aveva già trasmesso il Buffalo Bill Cody di John C. Reilly, il quale durante una delle tappe del suo tour italiano - è a Roma - si ritrova nel bel mezzo di una scommessa lanciata quasi per scherzo da un Padrone locale: "Scommettiamo che i miei butteri sono meglio dei tuoi cowboy?". Un affronto per l'orgoglio di qualsiasi americano, per la Storia (di sangue e violenta) che si porta dietro. Non lo sa che quel Padrone li, in realtà, è un ludopatico e che vuole approfittarsi di lui per scommettere contro sé stesso e guadagnare soldi facili. Infatti, intima a Santino, il suo uomo migliore - un Borghi un po' piacione e un po' spaccone - di non farsi prendere da nessun grillo per la testa, perché quella sfida la deve perdere, visto che in ballo ci sono un sacco di soldi. Come andranno le cose, l'avrete già intuito, credo: la vanità di Santino prende il sopravvento e la situazione per lui si mette male. Almeno fin quando Nadia, la giovane moglie del Padrone, offesa da quest'ultimo e attratta da Santino, non tira fuori una pistola e spara un colpo letale al vecchio, costringendo sia lei che il buttero ribelle a fuggire il più lontano possibile (a cavallo, ovviamente).
E' l'inizio di quest'avventura western (nostrana) fresca e divertente, che guarda al genere con rispetto e devozione, ma che non ha paura - sbruffona anche lei - a contaminarlo, a modernizzarlo. In particolare ribaltando i ruoli e riscrivendo quello della damigella in pericolo come colei che prende l'iniziativa (che risolve i problemi), che è autodeterminata e che lotta per la sua emancipazione. A pagarne le spese - suo malgrado - è un Borghi che da classico opportunista e (simpaticissimo) poveraccio, assetato di attenzioni, non ci pensa due volte a cavalcare l'onda che lo vorrebbe assassino (ricercato) dell'omicidio commesso da lei, lo stesso che - come accadrebbe in un film dei fratelli Coen, probabilmente - finisce per renderlo bandiera della rivoluzione e simbolo della rivolta al capitalismo, a quell'industrializzazione che in Italia - siamo a inizio '900 - è appena cominciata e che già si prevede farà danni incalcolabili a livello sociale. Una svolta interessante e inaspettata della pellicola, che fa dell'umorismo e dell'assurdo una delle sue caratteristiche principali. Rigo de Righi e Zoppis non hanno paura di osare, di rischiare, tant'è che in "Testa o Croce?" non c'è una mossa che sia una che non vada in favore di questa direzione. Persino il colpo di scena che anticipa il terzo atto - e che non riveliamo - è qualcosa che non ti aspetti, che nella maggior parte dei prodotti italiani non si vedrebbe mai e poi mai, e che, imprescindibilmente, cambia di netto direzioni e aspettative (nostre) della storia.
Eppure, quando il percorso di Nadia - che lentamente esce dal suo guscio e si scopre vera e unica (audace) protagonista - si compie nella sua interezza, ci accorgiamo di quanto ogni cosa, non sia assolutamente stata lasciata al caso. Di quanto "Testa O Croce?" sia un film intelligente, scritto con perizia e con cognizione, al punto da farci chiedere se non siamo finiti accidentalmente in una linea temporale alternativa, dove il nostro cinema, finalmente, ha ricominciato a camminare e a respirare da solo (a funzionare). Ma la verità è che no, non è così, che quella a cui abbiamo appena assistito è una semplice mosca bianca, una mosca bianca bellissima, che speriamo vivamente si riproduca tanto ed il più veloce possibile.
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