Angry Birds: Il Film - La Recensione

Angry Birds è un gioco schematico. Non c'è una trama in progressione, non c'è un obiettivo massimo, la sua forza (e la sua debolezza) risiede interamente nella ciclicità, nel lancio consecutivo dei suoi uccelli protagonisti verso delle costruzioni da abbattere e da distruggere, costruzioni dove i maialini verdi, nemici, hanno riposto le uova a loro sottratte. E così all'infinito, aumentando la difficoltà, ma mantenendo saldi i punti di riferimento.

Portare al cinema un prodotto del genere, va da sé, quindi, non è come portare al cinema un videogame in stile Warcraft. C'è da costruire, da inventare, rinforzando uno scheletro che, altrimenti, sarebbe troppo debole per andare ad ergersi sia in verticale che in orizzontale. Per il team di "Angry Birds: Il Film", allora, c'era carta bianca disponibile in quantità industriale, una libertà di movimento rara in casi analoghi, con la quale bisognava fornire senso logico ad un'azione e ad uno stato emotivo - la rabbia - ricco di spunti e di sfumature, somministrando lo spessore mancante ad un marchio fino ad ora piatto (per via del suo contesto nativo), che mai si sarebbe sognato di dover piombare, un giorno, sul grande schermo. La curiosità, dunque, c'era. Poca, ma c'era. Se non altro per intercettare le mosse e i ragionamenti di un industria ormai scatenata, determinata a non fermarsi più davanti a nulla, e in grado, a questo punto, di poter sviluppare lungometraggi persino intorno al Tetris, se solo qualcuno si azzardasse a chiederlo (ma voi non fatelo). Potremmo chiamarlo coraggio, arroganza, onnipotenza ostentata di chi ha smesso di vedere nel pubblico un fruitore attento e da rispettare, ingannabile, ora, attraverso la sola cura della confezione e, magari, la popolarità di un brand di per sé già avviato e gradito: atteggiamento con il quale vengono favorite le sperimentazioni, ma che spesso aiuta a lavorare con scarsa applicazione e rendimento.
Giustificazioni secondarie non sussistono, del resto, al cospetto di una trama, ma soprattutto di una scrittura comica come quella messa sul piatto dalla pellicola diretta da Clay Kaytis e Fergal Reilly, che se non fosse di stampo americano non avremmo faticato minimamente ad attribuire ad autori nostrani, impegnati in programmi televisivi simili a "Colorado Cafè" e surrogati.

"Angry Birds: Il Film" infatti è, forse, l'esempio peggiore di come utilizzare al meglio la creatività e l'autonomia artistica concessa; il risultato svogliato, riciclato e insoddisfacente di un prodotto nato con l'unico scopo di aggredire il box-office aspirando al massimo traguardo con il minimo sforzo. La strada spianata da "Inside Out" non è servita, evidentemente, allo sceneggiatore Jon Vitti, il quale si lascia sfuggire l'occasione di esaminare a tutto tondo il sentimento rabbia (comprese le sue derive ultra-comiche), prediligendo la pista più scialba e frivola della raffica di gag a bassissima lega che, oltre a non far ridere per niente, penalizzano moltissimo la caratterizzazione del protagonista Red che con il cinismo che lo contraddistingue avrebbe davvero potuto innalzare di molto la qualità complessiva della pellicola. Prendere più sul serio la sua condizione frustrata ed isolata, in una società ingenua e ignorante che tende a respingerlo, poteva realmente giovare ad elaborazioni più ricche e stimolanti, migliori, senza dubbio, del demenziale da quattro soldi, dell'ammiccamento al pubblico e della dozzina di trucchetti del mestiere utilizzati come scorciatoia.

Riflessioni che in un industria come quella moderna hanno smesso, tuttavia, di essere indispensabili, casomai accessorie, incentivando, così, opere senza anima, umorismo, né capo e né coda come "Angry Birds: Il Film". Che, al massimo, potrà suscitare appagamento in bambini fino a dieci anni, quelli che si accontentano dei cartoni animati sempliciotti e nulla a pretendere rintracciabili ad ogni ora del giorno sui canali digitali della nostra televisione di casa, ma che non emergono dalla massa, dissolvendosi in quattro e quattr'otto al termine della visione.

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