Goodnight Mommy - La Recensione

Goodnight Mommy Poster
Due gemelli temono che la persona tornata a casa dopo la chirurgia plastica al viso, non sia la loro vera madre, bensì qualcun altro che si spaccia per lei per un motivo sconosciuto. In contrapposizione, la donna, continua ad ignorare uno dei suoi due figli, rivolgendosi sempre e solo all'altro, perdendo ogni tanto la pazienza e lasciando intendere di una questione in sospeso da risolvere di cui nessuno, però, pare voler discutere apertamente.

Eppure le carte in "Goodnight Mommy" appaiono un po' tutte scoperte sin dall'inizio, con la solidità degli eventuali misteri che scricchiola e l'unico dubbio di chi vincerà la partita, che resta, forse, il vero nodo rilevante con cui trattenere lo spettatore sulla poltrona. Perché - senza svelare nulla - non serve un genio o un esperto per andare a leggere alcune dinamiche e tradurre a grandi linee dove la pellicola diretta da Veronika Franz e da Severin Fiala voglia andare a parare, basta un infarinatura leggera di horror e una manciata di thriller psicologici alle spalle per anticipare eventuali colpi di scena e portarsi avanti, di molto, col lavoro, cominciandosi a chiedere, casomai, se una leggerezza simile sia volontariamente calcolata e figlia di una trappola ancora più grande, oppure frutto di una sceneggiatura a cui non importa poi tanto peccare di già visto e apparire come minestra riscaldata. Tuttavia, preso per come viene - e rimandando qualunque tipo di ragionamento a fine corsa - c'è da dire che "Goodnight Mommy" sotto l'aspetto della tecnica, dello stile e del ritmo non lascia affatto a desiderare: allestendo e sviscerando il suo spettacolo come fosse un duello di ping pong tra madre e figli, dove in palio c'è la designazione di chi dei due dovrebbe rappresentare il bene e chi il male, in uno scontro che non trova mai un vero e proprio dominatore assoluto in grado di dilagare, ma sempre un botta e risposta in cui a regnare è il pareggio, con un chiarimento dei ruoli costretto a rimanere in ghiaccio fino alla rottura della cuffia.

Susanne Wuest Goodnight MommyIl campo di battaglia se lo sono studiato bene infatti Franz e Fiala, progettando di ambientare la storia in un posticino isolato e sperduto nel nulla, tra laghi deserti e boschi desolati, dove praticamente non passa un'anima se non per sbaglio o per convocazione. Quei leggeri dubbi allora che potevano essere spazzati via con l'entrata in scena di un terzo incomodo, da utilizzare un po' come metro di giudizio, un po' come arbitro, restano, dunque, appesi e sfuocati, per non sottrarre alla pellicola la sua unica arma a disposizione e concedergli almeno un coltello affilato da impugnare dalla parte del manico. Solo che - e questo sta diventando un difetto ciclico dei film di stampo austriaco - quest'arma si rivela, infine, a doppio taglio, ovvero sia risolutiva quanto manipolatoria. Così, nello svelamento totale dei suoi intenti si perde abbastanza "Goodnight Mommy", cadendo in delle forzature dalle quali poteva tranquillamente tenersi alla larga, per il singolo piacere di macchiarsi quanto basta di quella violenza e di quel sangue che, magari, aveva lesinato un tantino, ma che, sinceramente, non erano neanche indispensabili o inerenti nell'economia generale.

Tra luci e ombre, perciò, questa storia di famiglia spezzata, paternamente abbandonata, con un armonia interrotta da qualcosa su cui si preferisce glissare in eterno, trasmette inquietudine e sospetti a intermittenza. Da l'impressione di voler esplodere per far male da un momento all'altro, di mostrare il fianco come fosse una trappola per topi desiderosa di colpire a sorpresa, ma stringendo stringendo, il suo scopo lo raggiunge solo parzialmente, non smentendo le varie teorie concepite in partenza e deludendo qualsiasi afflato di speranza o di smentita noi stessimo covando.

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