Il Drago Invisibile - La Recensione

il drago invisibile poster
Tecnicamente è un remake liberissimo e radicale “Il Drago Invisibile”. Un remake che mantiene intatti i personaggi di Elliot e Pete - rispettivamente drago e bambino – rivoluzionando per intero quello che ruotava attorno a loro nel film d’animazione del 1977: quindi reinventando una storia che, al massimo, di quell'epoca trattiene le sensazioni, guardando più che mai al tempo presente e a quello futuro.

Nel prologo vediamo Pete ancora piccolissimo, impegnato a leggere un libro sul sedile posteriore della macchina e a chiedere, alla madre e al padre, il significato della parola avventura. Il tempo di ricevere dai suoi cari la definizione che un cervo piomba in strada, provocando un incidente che lo catapulta nel bosco, unico superstite, indifeso, alla ricerca di aiuto. Da qui l’incontro con Elliot, il drago invisibile, che diventa praticamente ciò che Baghera è stato per Mowgli, accogliendolo tra le braccia, proteggendolo ed educandolo alle leggi essenziali della natura. Si, la natura, quella che tendenzialmente l’uomo tende a violentare e ad utilizzare a suo piacimento per svariati scopi personali, la natura che, non a caso, in parallelo, in “Il Drago Invisibile”, vien rappresentata all'apice dei suoi abusi, con l’abbattimento dei boschi praticato proprio da coloro che poi scoveranno - a sei anni di distanza dal fattaccio - un Pete più cresciuto, adattato meravigliosamente all'ambiente selvaggio.
Quella diretta da David Lowery allora è una favola dalle nobili intenzioni che, oltre ad allietare l’immaginazione e a far sognare il pubblico piccolissimo, si prende anche la briga di iniziarlo all'educazione e al rispetto verso quel mondo che in futuro spetterà loro difendere e sostenere. Il linguaggio della pellicola (simbolico compreso), proprio per questo, viene allestito praticamente terra terra, senza giri di parole o costruzioni particolari, spesso, persino semplificando tutto a dismisura, con Pete che guarda i suoi simili far del male alla sua “casa” e, mentre piange, riflette, stentando a credere di appartenere alla medesima specie.

il drago invisibile filmUn meccanismo che se sei un bambino di età compresa dai tre ai sei anni, magari, riesci ad apprezzare e ad accogliere con partecipazione ed entusiasmo: a maggior ragione se di classici Disney alle spalle ne hai ancora pochi e l’approccio al cinema è in fase di fabbricazione. Ma se poco, poco, ti ritrovi in un’altra fascia, più ampia, con un minimo di titoli visti all'attivo e un’età leggermente, ma leggermente, superiore, ecco che, tuo malgrado, le cose cambiano e “Il Drago Invisibile” finisce per risultare sin troppo stretto e statico. Forse troppo statico. Eppure per amplificare la forbice e limare uno scarto così penalizzante e inaspettato, l’impressione è che, davvero, non sarebbe servito poi neanche moltissimo, bastava, forse, scrivere ugualmente il film con la mano sinistra, ma perlomeno girare la testa verso lo schermo, con l’applicazione impostata appena di un livello sopra, rispetto al minimo storico pervenuto (in casa Disney, è chiaro).

Che poi, alla fine, uno il metodo di ovviare alla situazione lo trova lo stesso, per carità, ci sono talmente tante citazioni di altri film in “Il Drago Invisibile” che il gioco di mettersi li, a scovarle e ad elencarle una per una, ti viene quasi spontaneo. Tra “Tarzan”, “Il Libro Della Giungla”, “King Kong” e “Matrix”, le contaminazioni con cui Lowery ha dovuto (voluto) cimentarsi si sprecano, peccato solo che nessuna di loro serva ad innalzare le altitudini di una pellicola che, tuttavia, per sua volontà, preferisce volar basso e mai sputar fuoco prorompendo spettacolo.

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