La Notte Del Giudizio: Election Year - La Recensione

Di buffo c’è che, ad ogni nuovo capitolo, “La Notte Del Giudizio” sprigiona sempre le stesse reazioni. Evidenzia gli stessi pregi e gli stessi difetti, con la sola variante che ormai nessuno si aspetta più che James DeMonaco si metta a fare sul serio. Il format infatti è sempre lo stesso, cambia quanto basta, aumenta di eccentricità, ma ai fini pratici si tratta costantemente di un massacro gratuito installato nel caos, a cui un gruppo di persone (i protagonisti del caso) deve sfuggire salvando la pelle.

Neppure l’affacciarsi in politica stimola DeMonaco ad ampliare il discorso, a prendersi finalmente la briga di approfondire quei ragionamenti filosofici sulla società e sul suo bisogno di sangue e violenza, provando, magari, ad innalzare le ambizioni della sua invenzione, per trascinarla ad un livello successivo indiscutibilmente più interessante e fertile. E pensare che stavolta avrebbe potuto farlo davvero alla grande, partendo proprio da quelle elezioni americane in vista che aprono questo terzo capitolo, dove i due candidati a Presidente si danno battaglia discutendo, appunto, dello sfogo purificatorio e del suo destino, che se da una parte risulta prospero e intoccabile dall’altra, invece, ha le ore contate ed è prossimo all’abolizione. Entrano in gioco i poteri forti, allora, quei Nuovi Padri Fondatori che, impauriti dai sondaggi della papabile Presidente donna - contraria alla loro riscrittura della Costituzione - decidono di utilizzare la famosa Notte Del Giudizio per eliminare qualsiasi minaccia possa metterli all’angolo, sconfinando, di fatto, in un territorio in cui a tenere banco non sono più ricchezza e povertà, bensì potere e democrazia.
Questo, almeno, teoricamente. Perché poi, ad incipit archiviato, le premesse seminate saltano per aria e la dinamica dell’intrigo politico viene accantonata per abbracciare la carta della sopravvivenza-su-strada già collaudata nel capitolo precedente. Una sterzata con la quale “La Notte Del Giudizio: Election Year” non si da, certo, la zappa sui piedi, ma con la quale va a perdere moltissimo rispetto a quanto avrebbe potuto guadagnare.

Ci sono più sfumature, dunque, in questo terzo capitolo, estensioni intuitive e azzeccate che ingrandiscono la trovata di riferimento, apportando al suo interno persino un umorismo grottesco che stuzzica e rallegra lo spettatore. Su alcune cose, forse, si poteva spingere meno, tenere ferma la mano (quel villain è un criminale ambulante tutto l’anno!), ma nel complesso il colore e l’azione appagano le aspettative, allestendo uno spettacolo di grana grossa che, se sulla violenza cerca di risparmiare un po’, sul filo narrativo - se non altro per quel che riguarda tre quarti film - cerca di essere piuttosto attento, tratteggiando meglio di quanto ci si potesse aspettare personaggi e sottotrame. Le redini, diciamo, DeMonaco decide di forzarle, nel terzo atto, in una scena in particolare in cui si sceglie di tornare, senza motivo, in un negozio, poco prima lasciato alle spalle con tanto di motivazione logica. Un passaggio che gli serve – e che poteva curare meglio con poco - per giungere ad una conclusione che, ad avviso di chi scrive, è il movimento più evidente e coraggioso messo in pratica dalla pellicola e dal franchise: che per la prima volta valica la finzione fantascientifica, sfiorando la realtà, puntando il dito su di un’America brutta, sporca e schizofrenica, impossibile da assolvere e da perdonare (uno dei motivi, forse, per cui in patria, il film, non sia stato apprezzatissimo).

Si tratta di un passetto minimo, però, di un accenno di reazione che potrebbe voler dire qualcosa come niente, in una saga che obiettivamente continua a rimanere troppo uguale a sé stessa, e facilmente stancante se limitata al suo ciclico ritornello e schema. Fermo restando che tra il puntare il dito ed, eventualmente (in futuro), attaccare la preda ci passa sotto una Nazione che non avrebbe nulla in contrario, probabilmente, a mettersi di traverso e a sfogarsi, imponendo al regista di tornare sui suoi passi o di chiudere battenti in via definitiva.
Ma questo DeMonaco, siamo sicuri, l’abbia già messo in conto.

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