Piuma - La Recensione

Piuma Roan Johnson
Per il suo terzo film da regista Roan Johnson alza la posta. La alza parecchio, a dire il vero. Con un film che avrebbe l’ambizione di dedicarsi a una tematica delicatissima come la gravidanza inattesa tra due adolescenti (maggiorenni, si, ma non ancora adulti), alternando tra dramma e commedia la serie di imprevisti e di difficoltà che, con l’ausilio delle rispettive famiglie, devono imparare (o provare a farlo) ad affrontare e a gestire.

Ferro e Cate, infatti, hanno fatto – citando testualmente le loro parole – un po’ na cazzata. Lei è rimasta incinta e, complice un precedente aborto, non se la sente di rinunciare alla gravidanza perché potrebbe, in futuro, non avere più occasione di fare un bambino. A diciannove anni (l’esame di maturità è alle porte) è sicuramente una scelta difficile da prendere, ma i due ragazzi, nonostante le irresponsabilità che si portano dietro, decidono di lanciarsi in questa avventura convinti di potercela fare e di sovvertire ogni pronostico. Le loro famiglie non sono esattamente d’accordo, anzi, considerando l’affidabilità pari a zero del padre della ragazza (la moglie lo ha lasciato per tornare in Romania e lui passa tutto il giorno in sala scommesse), la situazione finisce col pesare tutta in casa dei genitori di lui: più normali, ma decisamente non entusiasti. E’ un canovaccio che impugna, allora, moltissimi ingredienti della commedia all'italiana, quello di “Piuma”, con Johnson che ci mette del suo per griffare il modello e per renderlo maggiormente vicino alla sua cifra stilistica e alle sue radici. Ciò che ne esce è un ibrido gradevolissimo da vedere e ostico da decifrare, tecnicamente ben studiato e concepito per generare emozioni e risate, sebbene non totalmente equilibrato e adeguato per riuscire nell'intento di agguantare netto il bersaglio.

Piuma Roan JohnsonPerché quando c’è da far ridere “Piuma” fa centro, sa mettere insieme scene buffe, incontenibili, dove disastri impensabili e diatribe famigliari sono gli indiscussi protagonisti. Può contare sui tempi comici travolgenti del toscano Sergio Pierattini e su quelli inaspettati e spontanei del giovane romano Luigi Fedele (il duetto tra i due lontano da casa vale da solo la visione del film), che benissimo riescono ad interpretare l’umorismo tipico di Johnson e a fornire alla pellicola quelle parentesi memorabili che trascinano e solleticano il pubblico. Dove, tuttavia, la questione risulta ben diversa, è dal punto di vista emotivo, versante in cui la mano del regista pisano dà l’impressione di essere meno allenata e precisa di quanto richiederebbe il contesto. Ci prova lo stesso, comunque, Johnson a scavare e a cercare di raggiungere quelle corde profonde che si era prefisso e che gli servirebbe di intercettare, ma riesce a farlo solo con la dimestichezza e la preparazione di chi deve ancora prendere misure e stoffa, facendosi apprezzare più per lo sforzo che per gli esiti pervenuti.

Eppure, sbavature incluse, sono adorabili i suoi Ferro e Cate, l’atteggiamento con cui vogliono reagire al mondo è adorabile, racchiuso in quell'ingenuità con la quale promettono agli altri (ma anche a loro) di crescere il più velocemente possibile per il bene del figlio che aspettano e in quell'ostinazione con cui, contemporaneamente, cercano di non privare sé stessi di una giovinezza che hanno ancora voglia di vivere e di scoprire. Sono adorabili quando progettano un futuro grigio a cui già sanno dover mettere le pezze, quando discutono e litigano come fossero già sposati e quando dimostrano, essenzialmente, di essere ancora troppo piccoli per fare i genitori, ma non abbastanza distanti per tener testa a coloro considerati adulti.

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