Trafficanti - La Recensione

Trafficanti Poster
In piena guerra di Iraq, due ventenni di Miami decidono di fare affari con il Governo americano partecipando a gare d’appalto relative alla vendita d’armi. La loro impresa è modesta, piccola, ma per via di un cavillo giuridico non impossibilitata per provare a mangiare ugualmente le briciole di una torta gigantesca, torta in cui girano affari economici dalle cifre stratosferiche. Soldi a palate, soldi facili, quindi, profitti che in breve periodo fanno crescere la loro impresa portandola dalle briciole a pezzi sempre più grossi della torta, con l’apice definitivo raggiunto da un affare da trecento milioni di dollari con l’esercito afghano, in collaborazione con l’America, che praticamente gli vale la conquista dell’intero dolce messo sul tavolo.

Quella portata al cinema da Todd Phillips è una storia vera, divulgata dal giornalista Guy Lawson prima con un articolo sulla rivista Rolling Stone e poi con un libro pubblicato ufficialmente nel 2015. Una storia che allo stesso modo di come faceva “The Wolf Of Wall Street” di Martin Scorsese, mette in risalto l’ennesima falla del sistema capitalistico americano, massacrandone senza pietà sogno e valori. Anche in questo caso, infatti, guadagnare per i protagonisti è l’unica cosa che conta. Fare milioni di dollari è l’unica cosa che conta. E se a rimetterci siano vite innocenti, americani innocenti, o l’America stessa-tutta, chi se ne frega, perché se non lo fai tu, tanto, sarà qualcun altro a farlo al posto tuo, per cui tanto vale approfittarne e trarne maggior ricavo possibile. Così, parafrasando e stringendo un pochino, uno strepitoso Jonah Hill abbatte le remore e le integrità del suo migliore amico Miles Teller, convincendolo ad entrare in affari con lui per affiancarlo nell'ascesa dentro quel mondo più grande di loro, abitato da persone più in gamba di loro, in cui la furbizia, l’intelligenza e il cinismo che hai dalla tua potrebbe non essere mai pari a quello di chi ti capita di fronte. Uno scenario che, probabilmente, è stato decisivo per portare Phillips a contatto con “Trafficanti”, ad attirarlo nella realizzazione di un copione in cui poteva trovare ancora l’opportunità di scherzare e di allestire sequenze stravaganti, ma contemporaneamente anche crescere sotto l’aspetto registico realizzando quella che, ad oggi, è a tutti gli effetti la sua opera più matura e convincente.

TrafficantiAl contrario di ciò che potrebbe sembrare dall'esterno e dalla patina cosparsa in superficie che fa della risata elemento (semi)costante in scena, dunque, “Trafficanti” è una pellicola dal sapore amaro, drammatico, in cui l’America è sia vittima e sia carnefice, colpevole a prescindere, irreversibilmente sporca di sangue e priva di qualsiasi eventualità di redenzione. Un discorso che trascina il suo regista lontano anni luce dai tempi di “Una Notte Da Leoni” o da qualsiasi altra commedia precedente, elevando il suo cinema a un livello superiore da cui, forse, tornare indietro è processo addirittura irreversibile.
Lo aveva detto Phillips, del resto, la voglia di dedicarsi a qualcosa di nuovo dalle commedie era una priorità a cui pensava seriamente da tempo. L’unico dubbio, se c’era, era da parte nostra e ruotava attorno alla sua abilità nell'agire in un contesto inedito, meno conosciuto, dove le regole delle esperienze precedenti valevano fino ad un certo punto, pretendendo un adattamento o, magari, una riscrittura totale.

Ma dal risultato di “Trafficanti” sembra che per il regista ciò non sia stato affatto un problema, anzi. La pellicola oltre a non manifestare mai il fiato corto sa mescolare bene ogni genere di riferimento e dare ampio spazio alle performance dei due interpreti. Su tutti un Hill incredibile e assai più sfaccettato e complesso del vero protagonista Teller, con un passato oscuro tutto da scoprire, di cui purtroppo, per ragioni di forza maggiore, non viene detto abbastanza, o perlomeno non quanto si sarebbe voluto sapere. Ma questo solamente perché per fare ciò a Phillips sarebbe servito, presumibilmente, un film a sé stante. Un film che da queste parti non ci dispiacerebbe per niente vedere un giorno.

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