Into The Inferno - La Recensione

Into The Inferno Werner Herzog
Sebbene sia una materia che si occupa di profondità e di profondità estreme, la vulcanologia non ha la stessa ricchezza di altri fenomeni largamente discussi e sviscerati dal quel curiosone che è Werner Herzog.
I vulcani, del resto, li puoi studiare fino a una certa soglia, non ti permettono di avvicinarti troppo. O meglio: loro te lo permetterebbero pure, ma il rischio che tu non possa elaborare, poi, i dati raccolti è ampio e probabile.

Così questo "Into The Inferno" di terreno spianato ne trova meno del previsto, se lo deve ricavare da solo, strada facendo, partendo dalla lava che bolle in primo piano e scendendo verso quelle popolazioni che con i vulcani, purtroppo, devono conviverci ed entrarci in contatto ogni giorno. Accorcia la lista, andando a visitare, praticamente, tutti quelli attivi e più pericolosi, Herzog, intervistando ‎la gente del posto per capire se, e come, una condizione del genere possa alterare il rapporto tra uomo e natura, spostandolo su dei livelli particolari e fuori dalla norma. Le risposte che trova sono quelle di chi, un po' per cultura, un po' per necessità, crede fermamente nell'esistenza del soprannaturale, di un anima che veglia, protegge e reagisce quando deve comunicare il suo disappunto, trasferendo addirittura messaggi diretti a prescelti nativi e fidati del luogo. Un ritornello che si ripete più o meno uguale, cambiando rotta, che suggerisce il bisogno dell'essere umano di trovare spiegazioni più o meno logiche a tutto ciò che lo circonda, correndo sempre in favore di quella stabilità mentale e fisica che proprio con l'Herzog-pensiero va in controtendenza: considerato che il suo input di analizzare i vulcani nasce proprio dall'attrazione nei confronti dell'instabilità di quella crosta terrestre che solitamente identifichiamo, sbagliando e illudendoci, come punto saldo per eccellenza.
Ma c'è pure, tuttavia, chi la scienza non la abbandona mai, chi per caratteristiche tende a non curarsi della religione e i suoi derivati, ideando e collaudando strumenti per rilevare movimenti, scariche e impercettibili variazioni, con l'uso dei ritrovati moderni più accurati della tecnologia.

Into The Inferno E tra questi c'è sicuramente Clive Oppenheimer, uno dei migliori esperti della categoria e vecchia conoscenza di Herzog: che con lui e con la grandezza e la maestosità della vulcanologia si era scrociato già in passato, lavorando per altri documentari. Il suo apporto è stato fondamentale nella realizzazione di "Into The Inferno", nella stesura dello script e nel solleticare quelle questioni, filosofiche e umane, che poi hanno spinto il regista a sobbarcarsi del progetto e a realizzarlo fino in fondo. E fino in fondo significa anche arrivare in Etiopia, dove un ricercatore un po' sopra le righe si esalta e passa le giornate a soffiare la terra per trovare piccoli pezzi di fossile appartenente al genere umano, in quella che è un'attività che lui paragona a giocare a Las Vegas, dove per sbancare serve avere conoscenza, ma in gran parte fortuna. Una parentesi, questa, più lunga delle altre, ma che non supera quella, intrigantissima e affascinante, dedicata alla Corea Del Nord, dove Herzog riesce ad entrare solo grazie al pass concesso per le ricerche che deve svolgere, e in cui approfitta, tra una domanda su un vulcano e l'altra, per stuzzicare i suoi intervistati con curiosità legate al paese, la dittatura e le opinioni del popolo.
Un esplorazione, dunque, che come detto si allarga, esce fuori tema, ci rientra e, spesso, gli resta di fianco, facendosi in quattro pur di non lasciare indietro elementi d'arricchimento che in un essenzialità globale apparentemente stretta chiariscono la vastità e le digressioni di una materia a tutt'oggi ambigua e in avanzamento.

Una complessità che sicuramente ad Herzog interessava inquadrare e scoprire in prima persona, ma mai quanto, forse, la semplicità della visione ipnotizzante e minacciosa di quell'acqua incandescente rosso acceso, su cui il suo sguardo e la sua camera indugiano, tornano e restano imperterriti: catturandone fieri le bolle, le discese e le piccole esplosioni a ripetizione.
Come fossero sguardi di una Dea desiderabile, ma inavvicinabile e letale.

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