Three Generations - La Recensione

three generations elle fanning
Il territorio calpestato da "Three Generations" di confidenza con il cinema ne ha instaurata ancora poca, ridotta, se messa a confronto con l'altro, confinante e ormai più sviscerato, o addirittura esorcizzato (speriamo), riguardante l'omosessualità. Si parla di qualcosa di affiliato, ma diverso, d'altronde, nella pellicola della regista Gaby Dellal, ovvero del passaggio radicale che una ragazza (di sedici anni) ha intenzione di fare ad ogni costo per diventare maschio a tutti gli effetti.

Si sente un uomo intrappolato nel corpo di una donna, Elle Fanning, infatti, uno scherzo della natura a cui, con il coraggio e la convinzione di chi non ce la fa più a sopportarlo, ha deciso di rispondere e porre rimedio, intervenendo alla radice, senza alcuna remora. Meno convinta di questa presa di posizione è sua madre, Naomi Watts, che nonostante sia abituata all'anticonvenzionalità, perché cresciuta praticamente con due mamme (ancora presenti nella sua vita) e nessun uomo al fianco, ha paura di firmare un consenso del quale poi la figlia, pardon, il figlio, un giorno potrebbe pentirsi. Ancora da scoprire, invece, è il giudizio del padre, assente da anni, eppure indispensabile burocraticamente per chiudere le pratiche e andare avanti verso quel nuovo inizio che la ragazza non vede l'ora di intraprendere e per il quale ha intenzione di cambiare anche scuola, ricominciando da zero.
Ci sono dubbi, timori, domande e speranze allora ad allestire lo scheletro di "Three Generations", con digressioni e introspezioni di riflesso, chiamate a rappresentare i muscoli fondamentali per compiere quel movimento che potenzialmente la pellicola avrebbe potuto, anzi, doveva effettuare in maniera, magari sporca, ma coordinata. L'impostazione era perfetta, in un certo senso, il cast all'altezza e i presupposti, perlomeno inizialmente, davano l'impressione che l'obiettivo principale fosse inequivocabilmente quello, almeno prima di fare marcia indietro e virare sulla minestra riscaldata della famiglia disastrata con tanti scheletri nell'armadio.

three generationsPerché dopo un avvio promettente, in cui vengono gettate chiare le basi per un trattamento idoneo e ricco della transgender-materia, la Dellal comincia praticamente a fare melina, a girare intorno ad essa accarezzandola, nominandola e corteggiandola, senza mai prenderla davvero di petto e affrontarla faccia a faccia. Lascia spazio agli errori sentimentali della Watts, ai segreti che hanno portato al termine della sua relazione, ai motivi per cui il suo ex compagno ha deciso di tagliare i ponti con la famiglia e la figlia/o: tutte distrazioni superficiali che tolgono campo alla Fanning limitandola a semplici scene di rabbia, di pianto e di libertà spirituale da raggiungere a bordo di uno skateboard da cui raramente si stacca. Saltando da un tono all'altro, la regista, ammorbidisce il dramma con una leggerezza un po' fuori luogo, guadagnando due risate, senza intercettare comunque quella stabilità da commedia che quantomeno avrebbe potuto fornire un'identità al suo lavoro. Che passo dopo passo, al contrario, naufraga anonimo tra un colpo al cerchio e uno alla botte, incapaci di farsi sentire da entrambi i lati.

Anziché scaldarci, quindi, e commuoverci, forse, approfondendo qualcosa di abbastanza ostico e, per alcuni, letteralmente sconosciuto, "Three Generations" si arrende al politicamente corretto e all'innocuo, abbassando la voce che aveva il diritto di alzare e freddando una storia che avrebbe dovuto far sciogliere i cuori e i pregiudizi.

Trailer:

Commenti