John Wick: Capitolo 2 - La Recensione

John Wick 2
Le regole, gira tutto intorno alle regole “John Wick: Capitolo 2”.
A quelle esterne, relative a un franchise che per confermare e ribadire il fortunato successo del primo film deve per forza alzare la posta, cercando però di non perdere di vista il controllo, e a quelle interne, appartenenti a un sistema - quello immaginifico dei serial killer in cui il protagonista si muove - che non permette di entrare e uscire a piacimento, come fosse un albergo, e soprattutto, nel caso ce ne fossero, obbliga al pagamento dei pegni lasciati in pendente, qualora questi vengano impugnati dal creditore per essere onorati.

Per cui, se vuole conservare intatta la pelle e la mitologia del suo personaggio, Keanu Reeves di queste regole deve prenderne atto, deve rispettarle tutte, una per una, preparandosi quindi a picchiare forte come mai prima d’ora e a compiere scelte obbligate dalla libertà a cui ha rinunciato per vendicare il suo cane e il furto della sua macchina. Macchina da cui - guarda un po’ - questo sequel sceglie furbescamente di voler ripartire, inventando un allaccio e una chiusura definitiva (forse) ai danni di quella banda di russi che aveva costretto Wick a tornare su piazza e mettendo dunque il punto e a capo definitivo che, dopo un prologo adrenalinico, coreografico, sporco e pieno di calci e cazzotti, ci porta a sterzare verso una pagina completamente nuova - il secondo capitolo, appunto - che fa rima con Riccardo Scamarcio (si, mi rendo conto, ma è così) e con Camorra. E' colpa loro (e delle regole) infatti se il riposo del Guerriero tanto atteso e meritato è da rimandare, se quella pensione messa in stand-by per un breve periodo ora deve allungarsi oltre i piani e se il vecchio lavoro per il quale si erano fatti i salti mortali pur di riuscire a chiamarlo vecchio, bussa nuovamente alla porta con un'offerta che puoi pure rifiutare, ma sappi che se lo fai poi finisce che al 100% muori.

John Wick Keanu ReevesNon ha scelta, John Wick, insomma, in questo suo secondo capitolo, così come non ce l'hanno neppure il regista Chad Stahelski - che torna dietro la macchina da presa orfano del collega David Leitch - e lo sceneggiatore Derek Kolstad, che mostrando palesemente il forte attaccamento nei confronti del loro personaggio, seguono per filo e per segno le regole che gli spettano, realizzando un prodotto che non ha nulla da invidiare a quello precedente e che, per certi aspetti, risulta addirittura superiore. Già, perché se il primo "John Wick" poteva avere il tessuto resistente di un revenge-movie classico, a cui toccava grossomodo seguire solamente i binari retti che aveva assemblati sotto i piedi, stavolta la situazione è leggermente più contorta, con la conseguenza che a prendere corpo è un action a tutti gli effetti, solido nella struttura, elegante nella forma e composto da una serie di curve a gomito necessarie per rendere il tutto più pompato, esaltante e spettacolare.

Per cui non c'è nulla di anormale nel vedere un Reeves in formissima gonfiare di botte un numero sproprozionato di avversari usando solo le mani e qualche arma, incassando con disinvoltura, barcollando nelle pause, ma poi ripartendo a duemila ogni volta che dietro gli angoli di quelle curve a gomito sbuchi un altro cattivone con la presunzione di volerlo fare fuori. Non c'è nulla di anormale nel sapere con certezza che comunque vada sarà lui a spuntarla, uno contro tutti, perché queste sono le regole e noi ne siamo al corrente, allo stesso modo di come siamo al corrente che per essere liberi davvero, queste regole, bisogna che prima o poi si finisca di rispettarle facendo di testa nostra. Come tocca fare a Wick per chiudere quei ponti che non ne vogliono sapere di crollare dietro di lui e come tocca fare anche a Stahelski per seguire quella regola, dalla quale non si scappa, che prevede la trilogia obbligatoria se in una saga cinematografica tocchi quota due.
Del resto, si sa, sono le regole a far ruotare il mondo, che siano scritte oppure no: altrimenti come te lo spieghi che quando in giro c'è Laurence Fishburne capita sempre di vedere un Keanu Reeves a prova di proiettile?

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