Le Cose Che Verranno: L'Avenir - La Recensione

Le Cose Che Verranno: L'Avenir Film
Il tempo che passa, il suo scorrere inesorabile e le alterazioni che ne scaturiscono sono tematiche che la regista Mia Hansen-Løve aveva già affrontato nel suo precedente e apprezzatissimo, “Eden”. In quel frangente si parlava di musica elettronica, dell’ascesa di quest’ultima agli inizi degli anni ’90, ma attraverso di essa la volontà era quella di andare a toccare ben altre corde, quelle che facevano rima con sogni, aspettative, paura di crescere e quindi anche dell'avvicinarsi ai cambiamenti che fanno parte dell’età e del suo avanzamento.

I protagonisti di quel film però erano poco più che ventenni, per dirla alla Paolo Virzì, avevano tutta la vita davanti, un futuro pieno di aspettative, da costruire, nulla a che vedere con quello che in “Le Cose Che Verranno: L'Avenir ” spetta a una Isabelle Huppert che per quanto in perfetta salute e fisicamente assai in forma, deve fare i conti con una mezza età che nel suo caso significa gestire le telefonate notturne di una madre ansiosa, affetta da sindrome di abbandono, le scelte di un marito coetaneo che decide di mollarla all’improvviso per una donna più giovane e quelle dei suoi due figli destinati a muoversi dalle mura famigliari per abbracciare le soglie di una vita più adulta e indipendente. Lei tutta la vita davanti non ce l’ha, purtroppo, eppure la forza per reagire, per prendere bene il vortice di cambiamento repentino che la travolge non gli manca, sebbene non manchino neppure quei momenti di crollo in cui il pianto si fa largo e la voglia è quella di stare sdraiati sul letto, un po’ a compatirsi e un po’ a stare male. Solo momenti, tuttavia. Brevi. Perché quello della Hansen-Løve, stavolta, è un film che guarda al mondo con occhi più consapevoli, quelli di chi ha smesso di fantasticare su aspettative rivoluzionarie e radicali tipiche della gioventù, che guarda ad essa, anzi, quasi con un pizzico di ironia, invidia forse, ma soprattutto con la malinconia mista a razionalità di chi ci è passato e ha dimestichezza con la parabola discendente legata a determinati intenti.

Le Cose Che Verranno: L'Avenir HuppertLa Nathalie della Huppert - la quale peraltro è insegnante di filosofia - sa come funzionano le cose ormai, sa a grandi linee come va la vita e un futuro imperfetto, diverso da quello a cui auspicava e per cui ha lottato, di certo non la terrorizza. Reazione in cui è racchiuso tutto o gran parte del senso di “Le Cose Che Verranno: L'Avenir ”, dove ad essere sublimato non è altro che il saper vivere ormai coi piedi a terra, stabili e forti del mestiere appreso che permette ora di tenere testa a una realtà molto meno temibile di quel che si pensava, che senza neanche rendercene conto diventa facile da guardare negli occhi, mostrandole tranquillamente, se capita e col sorriso, persino le lacrime che continua imperterrita a provocare. Merito (o colpa), forse, di un cinismo acuto quanto lieve, della scorza fisiologica che, vuoi o non vuoi, alla fine esce fuori imponendoti di non abbatterti o disilluderti, di un carattere forte, soggettivo, secondo il quale guardare avanti è il modo unico per restare in piedi e ribellarsi.

A venirne fuori, allora, è una pellicola dallo scorrere irregolare, così come irregolare è il flusso del tempo, delle stagioni e dei mesi che, a conti fatti, la Hansen-Løve racconta. Una pellicola capace di generare il soffio di una corrente inebriante e intensa, ma anche di sfiancare e distrarre quando cede al nulla apparente, cercando di catturare, inflessibile, quella purezza effimera aderente al vero.

Trailer:

Commenti