The War: Il Pianeta delle Scimmie - La Recensione

The War: Il Pianeta delle Scimmie Film
Quello de “Il Pianeta Delle Scimmie” è, probabilmente, uno dei prequel/reboot migliori che l’industria hollywoodiana è riuscita a confezionare negli ultimi anni. Questo lo porta ad essere, di conseguenza, anche uno dei blockbuster di maggior spicco, nonché una trilogia di fronte alla quale bisogna alzare il cappello, rimproverandogli poco o nulla. Di questo va dato merito a chi non ha voluto spremere rapidamente il frutto (un film ogni tre anni), a chi ha permesso che la gestazione della saga si prendesse il suo tempo, a chi ha puntato forte su Matt Reeves (che non ha diretto solo il primo film) e sulle sue capacità di mettere in secondo piano la spettacolarizzazione grossolana, rilanciando verso un intrattenimento “più d’autore” che poi è forza principale del suo cinema e di un epilogo come questo, dai tratti muscolari e ultra-avvincenti.

Non c’è una virgola sbagliata in “The War: Il Pianeta delle Scimmie”, dalla scelta di mettere da parte gli umani realizzando una storia concentrata esclusivamente sui primati, al conflitto interiore di un Cesare che deve lottare contro sé stesso per non cedere alla tentazione di trasformarsi in quell'essere umano che, nel frattempo, ha saputo spingersi talmente avanti da riuscire ad allestire una Guerra (Santa) con la quale rischia di annientare solamente sé stesso. E’ una vera e propria resa dei conti il film di Reeves, un western avventuroso in cui l’apocalisse si respira a ogni angolo, dove scimmie si arruolano con soldati per dare una mano ad annientare altre scimmie e dove l’uomo ha raggiunto il massimo della sua disperazione, perdendo il dominio e con esso il suo tratto distintivo fondamentale: il senno. C’è un Woody Harrelson esaltato e mitomane infatti a guidare l’esercito di altrettanti esaltati soldati verso la vittoria di un conflitto che, secondo le loro strategie, dovrebbe andare a compiere, si, la Storia, ma anche fungere da nuovo inizio per l’intera umanità: per la quale si prevede un netto sterminio nei confronti di chiunque la pensi diversamente dallo pseudo-leader e chiunque sia stato infettato da un virus che, pare, riesca a privare le sue vittime della ragione oltre che della parola.

The War: Il Pianeta delle Scimmie CesareTutta colpa delle scimmie, dicono. Ma tutta colpa anche della natura, la quale in rotta con l’uomo per aver giocato troppo a fare Dio, ora ha intenzione di riscuotere il suo conto e di fargliela pagare fino all'ultimo centesimo. Eppure, in realtà, quello che Reeves cerca di far trapelare è assai meno contorto e divino, è un messaggio semplice, forse addirittura scontato, secondo il quale, potenzialmente, la nostra estinzione, presente o futura, vera o immaginata che sia, risiede tutta nelle nostre mani e passa per quelle scelte che continuamente ci vengono messe davanti agli occhi e che spesso ci capita di sbagliare: esempio concreto il rifiuto di Harrelson nell'accettare la tregua di Cesare, decidendo di rilanciare e di farlo pesantemente. Scelte delicate e cruciali, dunque, che non risparmiano, come prevedibile, neppure le scimmie della pellicola, oramai sempre più simili all'espressione massima della loro evoluzione e quindi inclini ad agire tramite l’istinto e le emozioni ("So emotional!", viene detto a Cesare in un momento preciso). Loro, nonostante un Cesare meno lucido del solito, però riescono sempre a fare la scelta giusta, che poi altro non è che quella approvata da noi spettatori, sostanzialmente, e perciò non propria o figlia di un animale geneticamente modificato e potenziato, ma presente senza riserve nella coscienza e nella morale dell’essere-umano-tipo.

Tuttavia siamo fatti così noi, lo riconosciamo onestamente. Siamo distruttivi, egoisti, ottusi, convinti delle nostre certezze a prescindere dalla loro compattezza e abilissimi a rinnegare il buon senso. Di speranza, obiettivamente, guardando al futuro ne abbiamo poca e a vincere, anzi, è forse la paura di un presente che, tra l'altro, neppure si distanzia troppo dagli eventi narrati dal film (vedi il famoso muro). Sta di fatto che Reeves una piccola speranza intende lasciarcela lo stesso, magari con lo scotto di pagare il non esser più capi di questo pianeta, ma perlomeno non l'altro dazio, carissimo, di far si che la nostra specie cessi definitivamente il suo corso.
Speranza che, neanche a dirlo, risiede tutta nelle mani di una (piccola) donna.

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