Hostiles: Ostili - La Recensione

Ostili Poster BaleCi sono gli Indiani buoni e poi ci sono gli Indiani cattivi, i Comanche: quelli che reagiscono all'invasione americana attaccando senza filtri ogni oppressore e uccidendolo (con scalpo) semmai quest'ultimo dovesse decidere di opporre resistenza. Dall'altra parte poi c'è Christian Bale, un capitano dell'esercito a stelle e strisce per il quale non esiste alcun tipo di distinzione: ogni Indiano per lui è (potenzialmente) ostile e pertanto va ucciso o, al limite, arrestato. Uno schema semplice, lineare, il suo, che però lo manda in tilt non appena il suo superiore gli impone - tirando dentro anche il Presidente - di scortare vivo un importante capo-tribù e la sua famiglia fino a delle terre che gli appartengono. Incarico che, pena la corte marziale, non può assolutamente permettersi di rifiutare.

Gli ingredienti del western, come avrete capito, ci sono tutti allora in "Hostiles: Ostili", manca la figura pura del cowboy, forse, ma visto il discorso che vuole imbastire il regista Scott Cooper, è anche giusto che sia così. Siamo nel 1892 infatti, eppure la violenza espressa, la voglia d'integrazione e la tendenza a farsi la guerra per prendere con la forza ciò che si vuole è la medesima che ci capita di veder ostentata oggi: un concetto neppure troppo nascosto, se vogliamo, rimarcato attraverso una frase d'apertura che, appunto, ci informa di un'America Storicamente granitica e testarda nell'animo, incline a non abbassare la testa di fronte a nessuno. Perché, sebbene la scena d’apertura sembri voler suggerire tutto il contrario - non lesinando minimamente sotto l’aspetto della brutalità e del cinismo - non sono gli indiani che estirpano la famiglia di Rosamund Pike, in realtà, i veri cattivi della storia, i mostri da abbattere e da cui stare alla larga: un concetto che la stessa donna, dopo aver elaborato il suo lutto a colpi di pistola su di un cadavere, comincerà a comprendere in prima persona esplorando il potere della tolleranza.

Questo perché non ci sono (e non servono) eroi nella pellicola di Cooper, ma solo vittime e assassini. Uomini (e donne) che, volontariamente o meno, per lavoro (come ripete più volte Bale per giustificarsi) o per sfortuna, hanno dovuto mettere da parte la loro umanità e cominciare ad agire istintivamente, secondo le regole del momento. Quelle regole che vengono riscritte totalmente nel momento del viaggio, della convivenza forzata con lo sconosciuto, che fornisce i pezzi per andare a mettere un po' d'ordine e soprattutto per intuire dove (e da chi) sono stati commessi gli errori. Una presa di coscienza che aiuta "Hostiles: Ostili" a compiere quel mea culpa che andava cercando, a costruire quel messaggio di comunità e di rispetto verso l'altro con il quale all'improvviso si fa attuale, moderno, mostrando la via migliore verso la soluzione definitiva e con essa il tortuoso tragitto - fatto di fosse e di dolore - da valicare per poterci arrivare.

Di fronte a tale evidenza e a tale logica non può nulla nemmeno la durezza di un Bale che, in principio, forniva zero speranze in quanto a sfumature; un Bale incapace di lasciarsi trasportare dalle emozioni, di poche parole; un Bale che per Cooper rappresenta un po' quell'America testarda e granitica sbandierata nelle premesse. Un'America, però, che nel suo film, perlomeno, ha l'intelligenza rara di svestirsi dell'armatura, alleggerendosi quanto basta.

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