Last Flag Flying - La Recensione

L'unico modo in cui “Last Flying Flag” possa essere sequel de “L’Ultima Corvè” - narrativamente parlando, s'intende - è con un pizzico di fantasia. Perché i tre ex-soldati del Vietnam raccontanti da Richard Linklater, pur non essendo, sostanzialmente, gli stessi sotto-ufficiali della marina e il marinaio, protagonisti del film di Hal Ashby, ne sono comunque un'evoluzione naturale piuttosto credibile: simili sia per quanto riguarda l'etnia - due bianchi e un nero - e sia per esperienze e parabole di vita.

Del resto non è poi così importante che a tornare, a distanza di trent’anni da quel 1970, fossero per forza gli stessi e identici personaggi, le stesse e identiche storie e gli stessi e identici attori; non lo è, in particolare, se lo scopo prefisso è quello di mettere i fari non su di loro, ma come al solito sull’America: un paese che nonostante il tempo che passa e nonostante gli accadimenti - come ultimamente ha ribadito anche Scott Cooper in "Hostiles" - sembra (voler) essere destinato a rimanere sempre e comunque, ostinatamente, uguale a sé stesso. A dimostrarlo nella sua essenza più totale è il meraviglioso viaggio on-the-road fatto, ad un certo punto, da Bryan Cranston, Laurence Fishburne e Steve Carell, riuniti da quest'ultimo dopo essersi persi di vista per tre decenni, a causa di un brutto lutto che i tre - non con qualche difficoltà e attrito - alla fine decideranno di affrontare, condividere ed elaborare insieme. E questo non solo perché umanamente è ciò che di più normale si potrebbe compiere, ma perché tra i tre esistono anche dei conti in sospeso e delle colpe da sciogliere che, in qualche modo e senza successo, ognuno ha provato a mettere sotto il tappeto o a espiare, senza però riuscire a dissolverle concretamente, ristabilendo il sereno nella propria esistenza.

Last Flag Flying LinklaterIl denominatore comune a questo punto diventa la guerra, una guerra che oggi (siamo nel 2003), rispetto a ieri, ha cambiato campo di battaglia, spostandosi a Baghdad, mantenendo tuttavia invariate determinate esaltazioni: quelle - per esempio - che pretendono, a prescindere dalla dinamica della morte, che chi non sopravvive al conflitto abbia diritto di essere seppellito, in patria, col privilegio di una storiella avvincente e di un'etichetta da eroe. Un contentino che, ovviamente, fa più bene allo spirito e al morale del paese che ai diretti interessati e che Linklater utilizza per allungare i binari della storia verso un percorso che porterà i suoi giganteschi protagonisti (su tutti un Cranston che torna mattatore assoluto) a prendere di petto quanto lasciato alle spalle - a causa del cazzeggio e dell’immaturità della giovinezza - per sistemarlo una volta per tutte e come si deve: scoperchiando così l’ennesimo altarino di una Madre mai stata realmente pura e integra nel suo animo come i suoi stessi figli, forse, immaginavano e avrebbero voluto.

Un colpo di frusta bruciante ed intenso che "Last Flag Flying" prima di tendere decide di procrastinare, infilando ogni tassello della sua sceneggiatura al posto giusto e concedendo allo spettatore grosse risate di gusto attraverso i vari siparietti travolgenti seminati lungo la strada: quelli che, alla fine della fiera, riescono a rendere dolce-amara una pellicola condita da straordinaria sensibilità e schiettezza e da una retorica che, finalmente, riesce ad essere impiegata in maniera positiva e con l'intelligenza di chi sa perfettamente come esaltare la profondità evocata, senza scadere nell'irritazione.

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