Tutti I Soldi Del Mondo - La Recensione

Tutti I Soldi Del Mondo Scott
C’è un momento, praticamente all'inizio di “Tutti I Soldi Del Mondo”, dove Paul Getty – il nipote del magnate Jean Paul Getty – prima di andare avanti con la storia ci tiene a fare chiarezza sulla sua famiglia e a spiegarci precisamente da dove viene: a mettere a fuoco, quindi, quel Mondo a parte dove a imperare è il nonno, il carattere di quest'ultimo nei suoi confronti e in quelli della sua famiglia, con la certezza di rendere meno assurda una successione di eventi che però, purtroppo o per fortuna, tenderà a rimanere comunque tale.

E questo non (solo) perché Ridley Scott decide di operare in maniera pressoché approssimativa, superficiale nel rappresentare l’andrangheta con un casting che vede coinvolto l’attore francese Romain Duris in primo piano e qualche partecipazione italiana al suo fianco: selezionata magari per farlo integrare un po' meglio con una realtà poco conosciuta; non (solo) perché la sceneggiatura di David Scarpa molto spesso dà l'impressione di volere andare di sua fantasia, prendendo la tangente verso uno spettacolo più cinematografico, ma meno fedele e soprattutto meno credibile; no, perché a rendere ciò a cui si assiste una totale assurdità è l’elemento probabilmente più vicino alla verità esposto dalla pellicola: il comportamento dell’uomo etichettato come il più ricco della Storia del Mondo, interpretato da Kevin Spacey Christopher Plummer. Vedere una personalità ricca sfondata, in grado di guadagnare milioni di dollari al minuto, comportarsi quasi da estraneo nei confronti di sua – vabbè, ex - suocera, in ansia e disperata per il rapimento del figlio - di cui si sa poco, ma che tuttavia non promette niente bene - è un atteggiamento incredibile, folle e da ribollire. Eppure è esattamente all’interno di tale atteggiamento che Scott vuole andare a puntare il suo interesse, il suo occhio documentaristico, che non a caso si distingue, e sa essere molto più incisivo, nei frangenti in cui è impegnato a spiare il Getty-pensiero, piuttosto che in quelli in cui, invece, è costretto a stare al gioco avanzando momenti di una trama di cui – e come lui, noi - farebbe volentieri a meno.

Tutti I Soldi Del Mondo PlummerPossiamo girarci intorno quanto ci pare, insomma, ma “Tutti I Soldi Del Mondo” non è ciò che dice di essere. Non è l’adattamento (libero) di un fatto di cronaca realmente accaduto, semmai potrà esserlo, al massimo, come effetto collaterale. Quello diretto da Scott è un trattato sul denaro, sul suo peso specifico, il suo valore e, in particolare, su ciò che esso dietro nasconde. Non è una questione di tirchieria, infatti, quella di J. P. Getty, ma una questione di fiducia, di orgoglio, un preservarsi da persone che secondo lui vorrebbero solo fregarlo - nipote e suocera - ma anche figlio - compresi - persone che gli stanno vicino per spolparlo vivo, sempre, e che lui, sempre, deve essere bravo a riconoscere e a circoscrivere, muovendo in anticipo la sua pedina sullo scacchiere per poter vincere la partita, ovvero l'unica cosa che conta. Quella stessa partita che, una volta portata a casa, poi, gli dimostra quanto effettivamente sia andato in perdita, quanto l’amore per gli oggetti che - come lui stesso dice - non possono tradire, non paghi neppure un quarto dell’amore, finto o meno, di un essere umano, del suo calore e del suo contatto.

Allora il rimpianto sta tutto lì, nel non averlo compreso interamente e in anticipo, Getty come Scott, il quale se avesse scelto di fregarsene del buonsenso, delle mediazioni e del mainstream, avrebbe potuto realizzare una delle pellicole sul Capitalismo e sul Capitalista più sbalorditive in assoluto. Certo, non avrebbe potuto rigirarla in una manciata di giorni dopo lo scandalo che ha colpito il suo vecchio protagonista, ma a quel punto a chi sarebbe importato?

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