Ore 15:17: Attacco Al Treno - La Recensione

Ore 15:17: Attacco Al Treno Eastwood
L’attacco al treno a cui fa riferimento il titolo, nella pellicola di Clint Eastwood dura circa venti minuti: troppo poco quando il tuo scopo e quello di dover realizzare un lungometraggio. Solitamente, allora, in questi casi, quello che si fa è temporeggiare, dare spessore ai protagonisti e qualche informazione di contorno relativa alle vite dei passeggeri che li circondano: raccontando chi sono, cosa fanno e perché si trovano lì. Evidentemente, però, secondo Eastwood, ciò non era molto interessante, avrebbe virato il suo lavoro verso un thriller che non lo entusiasmava e non rispecchiava il genere che aveva in mente, così, anziché standardizzarsi, ha deciso di virare verso una strada meno battuta e assai più azzardata.

Punta tutto sugli eroi della storia (vera), allora, “Ore 15:17: Attacco Al Treno”, descrivendo Stone, Skarlatos e Sadler (interpretati, nella versione adulta, non da attori ma dagli originali) partendo dall’amicizia sbocciata tra loro, quando erano ancora ragazzini e si ritrovavano continuamente a condividere l’anticamera dell’ufficio del preside a causa di una disciplina non proprio in linea con le regole della scuola Cattolica frequentata. Tre ragazzini che già all’epoca coltivavano (in particolare Stone e Skarlatos) una passione per la guerra e per le armi non comune; che li portava a fare soft-air nei boschi, muniti di un’attrezzatura che farebbe invidia a un professionista adulto. Un’inclinazione preoccupante che, in teoria, in una famiglia normale verrebbe quantomeno tenuta sott’occhio, limitata o frenata, ma che le madri di ognuno (che, va detto, crescono i loro figli separati dai mariti) non riescono a controllare, allo stesso modo di come non riescono a controllarne temperamento, concentrazione e applicazione allo studio. Più li guardi, insomma, e più degli eroi dimostrano di avere ben poco questi adolescenti di Sacramento, casomai a contraddistinguerli è una cultura, tutta americana, che andrebbe leggermente rivista e archiviata; una cultura che fonda le proprie radici sul bene verso il prossimo e il sacrificio di noi stessi in favore della pace, eppure a conti fatti pare far rima con morte e con sangue.

Ore 15:17: Attacco Al Treno FilmTuttavia non è questo il punto di vista di Eastwood, non è esattamente la politica quella che vuole esaminare con la sua pellicola: che a sorpresa finisce con il prendere uno stile piuttosto documentaristico, spiazzando lo spettatore e, insieme a lui, una narrazione che non prende mai per davvero quel ritmo spedito e teso di cui avrebbe bisogno. In qualche modo infatti “Ore 15:17: Attacco Al Treno”, non se ne accorge, probabilmente (in realtà fa solo finta), ma tende a essere un prodotto più moderato e semplice di quanto si pensi e ci si aspetti dal suo esecutore. Perché a conti fatti Eastwood ci parla di tre ragazzi (che poi, tecnicamente, sono due, visto che uno non si arruola) non così intelligenti, non così fortunati, che nella rotta militare trovano, infine, un modo per realizzarsi parzialmente: un modo che non avrebbero trovato da nessun’altra parte e che nulla c’entra con le gesta che poi si son trovati a compiere. Del resto, a un certo punto, prende una piega quasi filosofica, il film, sia nella scena in cui Stone parla, a grandi linee, di destino e sia in quella più importante, dell’attentato, in cui a scatenare il successo del contenimento è una casualità non calcolabile e totalmente sporadica.

Una di quelle che toglie ogni dubbio riguardo al timore di ritrovarsi di fronte a una pellicola di propaganda militare o di esaltazione patriottica (anzi, in questo senso c'è una battuta, niente male, volta a ridimensionare l'arroganza a stelle e strisce), sebbene restino accesi, in sostanza, tutti gli altri, di dubbi, relativi a un Eastwood che stavolta non pare abbia avuto ben preciso, nella testa, l’obiettivo da raggiungere e colpire.

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