Nel 2008 era una coppia in crisi a dover affrontare l’invasione casalinga di tre inquietanti psicopatici mascherati, aventi l’unico scopo di terrorizzare e uccidere le loro vittime. Dieci anni dopo, gli stessi criminali - utilizzando il medesimo canovaccio - decidono di assaltare una sorta di campeggio e, in particolare, una famiglia appena trasferitasi da quelle parti per rimettere in riga una figlia (e una sorella) che non vogliono rischiare finisca irrimediabilmente lungo strade pericolose.
Il riuscitissimo “The Strangers” di Bryan Bertino, insomma, ha finalmente avuto il sequel di cui tanto si parlava: scritto ancora una volta da Bertino stesso (con l’aiuto di Ben Ketai), ma diretto dal semi-sconosciuto Johannes Roberts. Un cambio al timone che poteva lasciar pensare alla solita operazione commerciale orientata a racimolare sconforto e dissensi, ma che, un po’ a sorpresa, si dimostra all'altezza delle attese regalandoci il degnissimo erede di un capostipite ineguagliabile. Perché lo sapevamo tutti, in fondo, che “The Strangers: Prey At Night” sarebbe stato un film in perdita, uno di quelli costretti a esistere per il successo raccolto dall'originale che, allo stesso tempo, ne penalizzava fattore novità e idee a disposizione. Eppure - sarà stata l’intelligenza di Bertino in sceneggiatura, o la bravura di Roberts nel praticare una regia costantemente al servizio della storia, ma con guizzi niente male – il ruolo che riesce a svolgere come horror e come aggiornamento delle regole è di gran lunga considerevole e da ammirare: mai volenteroso di sbrigarsela comodo, prendendo scorciatoie (vedi l'uso praticamente nullo dei jump scare), e ogni volta attento a bilanciare l’innalzamento della tensione con la profondità essenziale dei protagonisti. Un lavoro che consente a Roberts di disturbare e colpire la sensibilità dello spettatore, così come anche di andarlo a infiammare - vessazione dopo vessazione - e renderlo, di fatto, partecipante attivo e tifoso feroce del bene.
Il riuscitissimo “The Strangers” di Bryan Bertino, insomma, ha finalmente avuto il sequel di cui tanto si parlava: scritto ancora una volta da Bertino stesso (con l’aiuto di Ben Ketai), ma diretto dal semi-sconosciuto Johannes Roberts. Un cambio al timone che poteva lasciar pensare alla solita operazione commerciale orientata a racimolare sconforto e dissensi, ma che, un po’ a sorpresa, si dimostra all'altezza delle attese regalandoci il degnissimo erede di un capostipite ineguagliabile. Perché lo sapevamo tutti, in fondo, che “The Strangers: Prey At Night” sarebbe stato un film in perdita, uno di quelli costretti a esistere per il successo raccolto dall'originale che, allo stesso tempo, ne penalizzava fattore novità e idee a disposizione. Eppure - sarà stata l’intelligenza di Bertino in sceneggiatura, o la bravura di Roberts nel praticare una regia costantemente al servizio della storia, ma con guizzi niente male – il ruolo che riesce a svolgere come horror e come aggiornamento delle regole è di gran lunga considerevole e da ammirare: mai volenteroso di sbrigarsela comodo, prendendo scorciatoie (vedi l'uso praticamente nullo dei jump scare), e ogni volta attento a bilanciare l’innalzamento della tensione con la profondità essenziale dei protagonisti. Un lavoro che consente a Roberts di disturbare e colpire la sensibilità dello spettatore, così come anche di andarlo a infiammare - vessazione dopo vessazione - e renderlo, di fatto, partecipante attivo e tifoso feroce del bene.

Ammesso e non concesso che sia possibile, poi, estirparlo, il male. Estirparlo tutto.
Perché nonostante il film di Roberts abbia - in contrapposizione a quello di Bertino - una chiusura più positiva, apparentemente ottimista, la sensazione con cui si esce dalla sala resta quella di un chi va là a cui non possiamo sfuggire; un chi va là che questo sequel accende, fiato sul collo, al pronti-via e che, al di là di tutte le teorie, si fa sinonimo di intrattenimento e spettacolo incisivo.
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