Quando pensi che l’11 Settembre al cinema fosse argomento ormai obsoleto e altamente saccheggiato, ecco che la Storia – la Storia americana – tira fuori il suo colpo di scena, andando ad aggiungere, in scaletta, una pagina inedita e, fino a qualche anno fa, segreta. Oddio, nulla di sconvolgente, sia chiaro, si tratta di un colpo di scena relativo, grande solo nel suo piccolo, perché venire a sapere che la prima mossa americana all'attentato alle Torri Gemelle fu quella di mandare 12 uomini in avanscoperta su territorio afghano, facendoli alleare con i ribelli del luogo (spaccati tra l’altro in tre fazioni, in guerra tra loro), per conquistare la città di Mazar-i-Sharif e mettere in crisi Al-Qaeda, può essere un dettaglio interessante, magari, ma comunque non rivoluzionario rispetto al disegno generale.
Certo, dal punto di vista patriottico questa missione suicida - avviata nel momento più delicato e appannato di quella Guerra, lato americano – è ovvio che porti con sé dell’epico, dello straordinario: gli ingredienti perfetti, insomma, per il classico tributo cinematografico esaltante e sciovinistico. Non a caso cinematografico è anche il modo in cui tali avvenimenti, pare, si svolsero: con questi prescelti che - in terra straniera e, per la maggior parte, nemica - si ritrovarono a dover combattere contro talebani muniti di carri armati, missili e fucili - oltre che in inferiorità numerica - a bordo di cavalli non previsti dal loro addestramento e gentilmente forniti da un alleato ostico, non esattamente disposto a collaborare. Però - come dice anche Michael Shannon a Chris Hemsworth in una scena un po' assurda (che cita il Thor che l'attore interpreta altrove, probabilmente) - per vincere la battaglia, in casi come questi, c’è bisogno di eroi, non di super-eroi, e allora in “12 Soldiers” il vero ostacolo diventa proprio evitare di farsi prendere la mano; di non cedere all'orgoglio e provare a rimanere fedeli il più possibile alla (probabile) realtà, raccontando un pezzettino di Storia in maniera schietta e credibile e allontanando, di fatto, i fantasmi e le avances del mito in stile “300”.
Per fare questo il regista Nicolai Fuglsig cerca di aggrapparsi sin da subito agli uomini, a quella responsabilità istintiva che li spinge a immolarsi per la causa, contrastata dalla paura e dal dolore di dover abbandonare mogli e figli che forse – nonostante le promesse di qualcuno, volte a sfidare la superstizione – non riusciranno mai più a vedere. Una boa che funziona, se non altro, per fare avvicinare emotivamente lo spettatore alla sorte dei protagonisti; piuttosto utile quando c’è da ripristinare la calma a seguito delle numerose scene d’azione, ma che non basta, purtroppo, a tenere sulle gambe due ore e dieci di pellicola, senza evitare che il grado d'interesse vada a rimetterci sensibilmente. Perché per quanto “12 Soldiers” cerchi di sforzarsi, apparendo il meno sfacciato possibile, la verità è che il suo scopo principale è di esaltare quei "cavalieri che fecero l'impresa", consegnarli in ritardo alla gloria popolare e patriottica che meritano, attraverso un'esposizione priva di sfumature umane che non si fa problemi a spaccare buoni e cattivi in due fazioni ben distinte quanto esplicite.
Perciò - ammessa e non concessa la volontà di Fuglsig a fare più di quanto il suo compito richiedesse - la sensazione definitiva è quella di trovarsi a tu per tu con un prodotto fine a sé stesso, nazionalista, eseguito più per autocompiacimento che per impellenza. Una scelta che rende sicuramente “12 Soldiers” un film godibile, ma allo stesso tempo trascurabile.
Certo, dal punto di vista patriottico questa missione suicida - avviata nel momento più delicato e appannato di quella Guerra, lato americano – è ovvio che porti con sé dell’epico, dello straordinario: gli ingredienti perfetti, insomma, per il classico tributo cinematografico esaltante e sciovinistico. Non a caso cinematografico è anche il modo in cui tali avvenimenti, pare, si svolsero: con questi prescelti che - in terra straniera e, per la maggior parte, nemica - si ritrovarono a dover combattere contro talebani muniti di carri armati, missili e fucili - oltre che in inferiorità numerica - a bordo di cavalli non previsti dal loro addestramento e gentilmente forniti da un alleato ostico, non esattamente disposto a collaborare. Però - come dice anche Michael Shannon a Chris Hemsworth in una scena un po' assurda (che cita il Thor che l'attore interpreta altrove, probabilmente) - per vincere la battaglia, in casi come questi, c’è bisogno di eroi, non di super-eroi, e allora in “12 Soldiers” il vero ostacolo diventa proprio evitare di farsi prendere la mano; di non cedere all'orgoglio e provare a rimanere fedeli il più possibile alla (probabile) realtà, raccontando un pezzettino di Storia in maniera schietta e credibile e allontanando, di fatto, i fantasmi e le avances del mito in stile “300”.

Perciò - ammessa e non concessa la volontà di Fuglsig a fare più di quanto il suo compito richiedesse - la sensazione definitiva è quella di trovarsi a tu per tu con un prodotto fine a sé stesso, nazionalista, eseguito più per autocompiacimento che per impellenza. Una scelta che rende sicuramente “12 Soldiers” un film godibile, ma allo stesso tempo trascurabile.
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