La Profezia Dell'Armadillo - La Recensione

La Profezia Dell'Armadillo Film
Il primo a prendere le distanze dall'adattamento cinematografico de “La Profezia Dell’Armadillo” è stato proprio il suo autore, Michele Rech, aka Zerocalcare: dicendo, in sostanza - tramite uno dei suoi sketch -  che se il film fosse piaciuto a tutti, i meriti non sarebbero stati i suoi, così come non lo sarebbero stati neppure i demeriti, se si fosse rivelato un fiasco (qui la prova). Precisazione che aveva un po’ allarmato le aspettative sul progetto, specie dopo i cambiamenti iniziali che avevano già visto Valerio Mastandrea uscire dalla cabina di regia (restando tra i sceneggiatori, dove resta peraltro anche Zerocalcare con Johnny Palomba e Oscar Glioti), rimpiazzato a sorpresa dall'esordiente Emanuele Scaringi.

A colpire però erano state soprattutto un paio di frasi nella vignetta in questione: quella in cui Zero scrive che intorno a un film girano troppe capocce e l’altra in cui accenna a una sceneggiatura giustamente re-interpretata (dalle troppe capocce?). Frasi che tornano prepotenti, aumentando la loro risonanza, durante la fase di visione, quando ”La Profezia Dell’Armadillo” comincia a dare esattamente i segnali di un prodotto a cui è stata strappata l’anima, la personalità; un prodotto che conserva - in quella che dovremmo definire, a questo punto, un’ennesima rilettura - le potenzialità che doveva (e poteva) avere in origine, ma che non riesce mai ad esprimerle onestamente per via di una meta che non ha intenzione (o non è in grado) di porsi. E questo – cosa peggiore in assoluto – a prescindere dalla fedeltà conservata o meno col testo di partenza. Vorrebbe essere tre quarti commedia e uno dramma, infatti, il lavoro di Scaringi, tutelare l’ironia del suo autore, ma contemporaneamente tradurla, ricalibrandola, per fare in modo che si adatti con meno difetti possibili a un ambiente – il cinema – che ragiona e agisce in maniera totalmente diversa rispetto ai fumetti. Un processo condivisibile e pronosticabile, ma che - pur nella sua logica e sensatezza – non può fornire risultati positivi se per essere portato a termine finisce, poi, per dimenticarsi dell’importanza, della crescita e dello sviluppo di una cosa, leggermente più rilevante, chiamata narrazione.

La Profezia Dell'Armadillo ZerocalcarePensare a “La Profezia Dell’Armadillo” solamente come a qualcosa di leggero, da ridere, con un protagonista intento a sciorinare aneddoti ricchi di contrasti generazionali - con i quali la maggior parte di noi, coetanei o quasi, non può che rispecchiarsi, ripetendo “è vero” - sarebbe l'equivalente di averci capito praticamente poco o nulla. La qualità più grande della storia scritta da Zerocalcare sta proprio in una drammaticità silenziosa, ma onnipresente, che accende la sua spia luminosa nel momento in cui (subito, in sostanza) Zero riceve la mail della morte di Camille, restandone profondamente scosso e dando vita a un processo di elaborazione del lutto decisamente personale. Una traccia emotiva fondamentale che nella pellicola di Scaringi, di fatto, è assente o ridotta all'osso, rappresentata superficialmente nei flashback e in alcuni frammenti del presente che tuttavia non riescono mai a restituire quella visceralità necessaria a permettere allo spettatore di empatizzare o avvertire lo stato reale delle vite di chi racconta. Ci si è preoccupati maggiormente, forse, di inserire ciò che si credeva potesse solleticare l'entusiasmo dei giovani - battute, ragionamenti fine a sé stessi sulla borghesia e il proletariato (che non sono sbagliati, ma andavano amalgamati meglio), dialoghi nerd, battibecchi con genitori – provando a realizzare un prodotto di rapido ingerimento e grossolano, piuttosto che un altro (avverabilissimo con quel materiale) intelligente e appassionante.

L’unica forma di contatto mantenuta con il libro, insomma, appare quella della bidimensionalità.
Che se su carta è giustificata e relativa unicamente al tratto dei disegni, sul grande schermo lo è assai meno, soprattutto perché legata allo spessore dei personaggi e a una sceneggiatura che per non scontentare nessuno e non farsi mancare nulla, perde l'occasione di realizzare un prodotto che - secondo chi scrive - aveva persino i connotati per aspirare all'esportazione.
Ipotesi che, magari, con meno capocce (o con quelle giuste) in carica sarebbe stata fattibile.

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