L'assunto è il seguente: una volta passati a miglior vita, le nostre esistenze vengono trasportate - a bordo di un treno - in un luogo di mezzo, dove ognuno ha una settimana di tempo per decidere il posto in cui passare il resto dell'eternità. E deve deciderlo con certezza, perché una volta trasportato li, non sarà più possibile tornare indietro e scegliere un'altra meta.
Un meccanismo che rischia di incepparsi quando una coppia anziana - Joan e Larry - si ritrova - giovane all'improvviso, perché le sembianze che assumiamo sono quelle del periodo della vita in cui siamo stati più felici - a dover compiere la decisione con un terzo incomodo da gestire: ovvero Luke, il primo marito di Joan, morto in guerra (di Corea), che ora vorrebbe vivere - dopo anni di attesa - con lei quel tempo infinito, recuperando ciò che la sfortuna gli ha tolto. Inutile dire che tale scenario manda la donna in crisi, dividendola a metà tra l'uomo con cui ha costruito una famiglia e condiviso tutto per decenni e quello che, prima di morire, considerava l'uomo perfetto.
La prima cosa che viene da pensare, accettando la premessa suggerita da "Eternity", allora, è che pure da morti stress e rotture di scatole non smetteranno di tormentarci. Perché per fare in modo che questa romantic-comedy funzioni e si regga in piedi, il regista e co-sceneggiatore (con Pat Cunnane) David Freyne è costretto a immaginare un aldilà stracolma di regole, scelte irreversibili e punizioni: chi prova a fuggire dalla meta selezionata, infatti, viene catturato e spedito nel vuoto, che è una sorta di limbo nero. Una condizione che, da spettatori, saremmo anche disposti ad accogliere e a sostenere - chiudendo un occhio sulle forzature - se la scrittura della pellicola riuscisse a mantenere costanti la leggerezza e l'ironia di una storia che, a questo punto, non può prescindere dalle risate e dalla brillantezza e, quindi, dallo spostare l'attenzione sul macho duello che viene a crearsi tra il Larry di Miles Teller e il Luke di Callurn Turner, mentre la povera - si fa per dire - Elizabeth Olsen prende tempo e va in crisi a furia di stilare i pro e i contro del prendere l'uno, anziché l'altro: riuscendo a strappare una sorta di giorno - uno solo? - di prova con entrambi, per testare sul campo come potrebbe essere la soluzione uno e la soluzione due.
Qualcosa però non funziona, l'ingranaggio si inceppa spesso per poi ripartire ed incepparsi di nuovo, ed "Eternity" così sembra non andare mai oltre quel tiepidino che con grande facilità, poi, torna a farsi freddo. Alcune scene attecchiscono, ma la maggior parte meno, nel senso che risultano piuttosto prevedibili e poco originali: con Teller e Turner che cominciano a comportarsi in modo infantile, convinti di potersi aggiudicare il sì della principessa attraverso l'antico gioco di chi ce l'ha più lungo (metaforicamente parlando, è). Sul versante opposto la Olsen - che al di là dell'aspetto, non dobbiamo dimenticare che sta interpretando un'anziana signora - si comporta come se davvero fosse una donna nel pieno della sua giovinezza, ovvero azzerata dell'esperienza (sentimentale, amorosa) e della maturità che dovrebbe fungere da asso nella manica, a prescindere dalla botta emotiva ricevuta e dell'opportunità in ballo. E, forse, la falla più grande del film sta proprio qui, nella credibilità che viene a mancare ai suoi personaggi quando entra in gioco un introspettivo che resta comunque in superficie e nel frivolo.
Ed è un vizio volontario, calcolato, perché altrimenti non sarebbe stato possibile costruire un finale dove realmente i protagonisti - e le loro teste - si illuminano e cominciano a funzionare al pari dell'età - e della maturità - che hanno, sistemando (in quattro e quattr'otto) gli errori commessi e comportandosi da quegli adulti stagionatissimi che, in teoria, rappresenta (va)no.
Ma l'artificio è fin troppo palese, è furbo, ingombrante per nasconderlo sotto un tappeto. Ecco perché, secondo chi scrive, almeno, quando si tirano le somme, quello di Freyne dà l'impressione di somigliare più a un pareggio strappato con le unghie e con i denti. Uno di quelli con poco spettacolo, da 0 a 0, ma di cui lui, forse, farebbe bene ad accontentarsi.
Noi meno, magari.
Noi meno, magari.
Trailer:


Commenti
Posta un commento