Zack, un ventiduenne afflitto da sindrome di down, fugge dall'istituto che avrebbe dovuto prendersi cura di lui per inseguire il sogno di raggiungere la scuola di wrestling del suo lottatore-idolo. Sulla sua strada incontra Tyler, un ragazzo che non ha ancora metabolizzato i sensi di colpa per la morte del fratello e che tende a cacciarsi nei guai, spesso con le persone sbagliate. Un po' per costrizione, un po' per solitudine, i due fuggiranno insieme alla ricerca di un mondo migliore, tallonati dalle loro paure e dai loro fantasmi, ma soprattutto da Eleanor: la tutrice di Zack, incaricata di ritrovarlo prima che diventi necessario informare le autorità.
Per accorgersi che nell'opera prima dei registi e sceneggiatori Tyler Nilson e Michael Schwartz ci sia del potenziale, è sufficiente guardare il parco di nomi che – tra protagonisti, co-protagonisti e camei – arricchiscono la scena. Perché se Shia LaBeouf – bravissimo – e Dakota Johnson possono essere considerati ancora come delle star in rampa di lancio, il potersi permettere attori di contorno come John Hawkes, Bruce Dern, Jon Bernthal e Thomas Haden Church, non è esattamente un lusso alla portata di chiunque. Così il dubbio che “In Viaggio Verso Un Sogno: The Peanut Butter Falcon”, per raggiungere tale fortuna, possa aver fatto valere in qualche modo le sue ragioni, riponendole integralmente all'interno di un copione cosciente delle sue direzioni, sorge inevitabile; e mano mano che l’intreccio si dirada, ecco che va schiarendosi, tramutandosi in certezza. La prima cosa che colpisce, infatti, di un film sotto certi aspetti prevedibile, è quel cuore di fondo che non si stanca mai di battere e di farsi sentire. Un cuore dedicato principalmente allo Zack protagonista, alla sua condizione e a come questa lo limiti – di fatto – nei sogni, nelle ambizioni e nei diritti di essere umano. Tant'è che, per ribellarsi a tutto ciò, è costretto a compiere un atto illecito, a improvvisarsi fuggiasco, senza sapere dentro di sé quanto insegnamento e quanta consapevolezza riuscirà a donargli – con un pizzico di fortuna, magari – quella giocosa bravata.
Nella sua purezza, nella sua sincerità e in quell'ingenuità che lo porta ad avventurarsi in un mondo pericoloso e che non conosce, è innegabile trovare allora una voglia pari alla nostra di sfuggire agli schemi, di volersi affermare, di inseguire un sogno. Da quelle trappole, insomma, che sostanzialmente ci svalutano, ci ingabbiano e che, in maniera diversa, affliggono anche le vite di chi deciderà di aiutarlo e di sostenerlo (allenandolo, addirittura). Perché Nilson e Schwartz non intendono accusare d'incapacità gli istituti che si occupano di aiutare i soggetti in difficoltà, né tantomeno di prendersela con coloro che si fanno in quattro, dedicandosi al volontariato – al massimo si azzardano a reclamare quel minimo di tatto in più, ecco – la loro, fondamentalmente, è una storia dal carattere universale, dedicata alla conquista della libertà, di una seconda chance: di quella felicità da rincorrere e per cui lottare e sacrificarsi, purché si riesca a raggiungere, o quantomeno a sfiorare con un dito.
Per accorgersi che nell'opera prima dei registi e sceneggiatori Tyler Nilson e Michael Schwartz ci sia del potenziale, è sufficiente guardare il parco di nomi che – tra protagonisti, co-protagonisti e camei – arricchiscono la scena. Perché se Shia LaBeouf – bravissimo – e Dakota Johnson possono essere considerati ancora come delle star in rampa di lancio, il potersi permettere attori di contorno come John Hawkes, Bruce Dern, Jon Bernthal e Thomas Haden Church, non è esattamente un lusso alla portata di chiunque. Così il dubbio che “In Viaggio Verso Un Sogno: The Peanut Butter Falcon”, per raggiungere tale fortuna, possa aver fatto valere in qualche modo le sue ragioni, riponendole integralmente all'interno di un copione cosciente delle sue direzioni, sorge inevitabile; e mano mano che l’intreccio si dirada, ecco che va schiarendosi, tramutandosi in certezza. La prima cosa che colpisce, infatti, di un film sotto certi aspetti prevedibile, è quel cuore di fondo che non si stanca mai di battere e di farsi sentire. Un cuore dedicato principalmente allo Zack protagonista, alla sua condizione e a come questa lo limiti – di fatto – nei sogni, nelle ambizioni e nei diritti di essere umano. Tant'è che, per ribellarsi a tutto ciò, è costretto a compiere un atto illecito, a improvvisarsi fuggiasco, senza sapere dentro di sé quanto insegnamento e quanta consapevolezza riuscirà a donargli – con un pizzico di fortuna, magari – quella giocosa bravata.

E quando un film si presenta con questi valori, con questa autenticità e con la capacità e la voglia – per nulla scontata – di schivare ogni retorica, il coinvolgimento, l’emozione e il divertimento sbocciano spontaneamente. Lasciando nello spettatore un buon ricordo e buone sensazioni.
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